I fulmini e la PIA

(a cura di Ermenegildo Storni)

Natura dei fulmini e loro fenomenologia

Da sempre il fulmine ha rappresentato, nell’immaginazione dell’uomo, il divino, data la sua imprevedibilità ed il suo effetto letale; tuttavia il fulmine è un fenomeno fisico che solo di recente è stato oggetto di studio scientifico. A causa dei numerosi danni che provoca è tutt’ora al centro del dibattito tecnico e scientifico e molti aspetti di questo fenomeno non sono ancora chiariti, nonostante i numerosi esperimenti e i sistemi di rilevamento messi a punto per captare o registrare le scariche atmosferiche.

Immaginando un temporale come formato da più nubi contenenti regioni di carica diverse, si può dedurre che i fulmini potranno svilupparsi sia tra le cariche della stessa nube sia tra una nube e l’altra sia infine tra la nube e la terra, che per effetto elettrostatico si carica di segno opposto a quello della parte inferiore della nube. Tipicamente infatti i fulmini sono distinti in nube-nube, e nube-suolo.

La caratteristica più immediata per i fulmini nube-suolo è la propagazione dalla nube verso terra (fulmine discendente) o dalla terra verso la nube (fulmine ascendente).

La percentuale degli ascendenti è legata alla posizione geografica, ed alla presenza di punte sul territorio. Infine, se si considera il verso della corrente, i fulmini sono classificati in positivi e negativi.

I fulmini nube-suolo, per quanto meno frequenti dei nube-nube, sono i più pericolosi per le attività umane, nonché i meglio conosciuti, e proprio di questi ci occuperemo.

Ogni fulmine nube-suolo è in realtà formato da più componenti, che nell’insieme prendono il nome di fulmine. Il fulmine nel suo complesso ha una durata media di 0.2 sec., mentre le singole componenti hanno durata di decine di millisecondi e vengono chiamate colpi. Di solito per ogni fulmine ci sono due o tre colpi, intervallati da pause. Se si osserva ad occhio nudo un fulmine può capitare di vedere l’immagine intermittente; questo significa che si stanno percependo i vari colpi.

Il fulmine inizia a propagarsi quando si crea un canale di carica ancora molto debole ed invisibile, che incomincia a svilupparsi verso terra. Questo canale procede per passi successivi, ciascuno dei quali è lungo circa 50 m, con pause di circa 50 msec. Questo canale è chiamato “stepped-leader”. Quando lo stepped-leader tocca terra o incontra un canale analogo ascendente, il circuito nube-suolo viene chiuso e si ha il passaggio di corrente. La corrente illumina il canale ionizzato fin qui rimasto oscuro, generando così la classica striscia luminosa; questa fase è chiamata “return stroke” (colpo di ritorno). La velocità del colpo di ritorno è circa 1/3 della velocità della luce. Durante il passaggio di corrente si ha un brusco cambiamento di temperatura e di densità nel canale ionizzato lasciato dallo stepped-leader. Questo brusco cambiamento origina un’onda di pressione che si propaga e che viene percepita come tuono. Il canale di carica ionizzato ha un diametro di qualche centimetro, mentre la temperatura raggiunge i 30.000 °K e l’intensità di corrente si attesta mediamente sui 30kA. La carica totale depositata da un fulmine si aggira sui 5-10 Coulomb.

Un fenomeno spesso concomitante alla discesa dello stepped-leader o alla presenza di una nube temporalesca, è la formazione di canali di carica ionizzata di segno opposto alla parte inferiore della nube, che si propagano verso essa o verso il canale discendente partendo da terra (tipicamente da punte o strutture isolate). Questi canali, chiamati “upward leader” (canali ascendenti), possono incontrare effettivamente il canale discendente, aiutandolo così a chiudere il percorso, o possono morire dopo poco senza aver originato il fulmine. Caso estremo è quello in cui il canale ascendente è così forte che riesce a raggiungere la nube prima di incontrare un canale discendente. Questo da origine ad un fulmine ascendente.

Tecniche di rilevazione dei fulmini

Dal 1994, in Italia opera il sistema di rilevamento fulmini denominato SIRF, il cui centro operativo è sito presso il CESI (Milano). Tale sistema utilizza una rete di sensori, in grado di rilevare le onde elettromagnetiche prodotte dai fulmini che cadono al suolo (fulmini nube-suolo) o che si scaricano nell’atmosfera (fulmini nube-nube).

Il Sistema di rilevamento è composto da 16 sensori situati sul territorio Italiano.  Per aumentare le prestazioni sono inoltre utilizzati sensori posti in vicinanza del confine Italiano, in Francia, in Svizzera ed in Austria.

Tutti i sensori utilizzati sono del tipo IMPACT della Global Atmospherics Technology Inc. (ora Vaisala), dotati di antenne elettromagnetiche a banda larga e con un sistema di posizionamento satellitare GPS. Ogni sensore è in grado di discriminare il segnale emesso dal fulmine dal rumore elettromagnetico.

I sensori, posizionati sia sul territorio Italiano che in territorio estero, trasmettono i dati grezzi al Centro Operativo di SIRF presso la sede del CESI di Milano, attraverso linee di trasmissione dedicate.  I dati provenienti da ogni sensore sono ricevuti e trattati da degli analizzatori centrali, che calcolano, in pochissimi secondi, le coordinate geografiche dei punti di impatto, il tempo in cui è avvenuto ciascun evento e i parametri elettrici caratteristici di ciascun evento di fulmine (ampiezza di corrente, polarità, numero di colpi).   La tecnologia impiegata permette di rilevare anche i segnali provenienti da fulmini che si scaricano in mare con la stessa precisione del dato relativo al suolo. In questo modo quindi è possibile ricostruire tramite il database centrale le zone di terra o di mare su cui statisticamente insistono maggiormente i fulmini.

I dati calcolati sono quindi pronti per essere trasmessi sia ai clienti che al centro operativo SIRF  per essere immagazzinati nel data base.

La folgorazione

Le principali informazioni sono riportate qui senza alcuna pretesa di completezza, ma solo con l’unico scopo di sottolineare la gravità del pericolo che il fulmine può rappresentare.

Il corpo umano può essere soggetto a fulminazione diretta, sia principale che secondaria, o a fulminazione indiretta per corrente di ritorno nel terreno. Gli effetti della fulminazione diretta sono ovviamente i più gravi, e possono portare, a volte, fino alla morte.

Ecco alcuni esempio di danni derivanti da fulmine:

Una corrente che passa attraverso i centri nervoso-respiratori dà, solitamente, luogo ad un arresto respiratorio, con conseguente asfissia e, se non trattato immediatamente, a morte cerebrale.

Una corrente che passa attraverso il cuore può produrre fibrillazione ventricolare o arresto cardiaco. Anche in questo caso se non si interviene tempestivamente si ha la morte.

Danni minori dovuti al passaggio di corrente nel corpo umano sono:

  • perdita di conoscenza
  • amnesia
  • paralisi
  • bruciature.

La perdita di conoscenza può durare da qualche minuto a qualche ora e si possono avere perdite di conoscenza anche successive. La perdita di memoria solitamente non dura più di qualche ora.

Le bruciature di solito si trovano in concomitanza del punto d’entrata e di uscita della corrente, oltre che in corrispondenza di oggetti metallici come catenine, chiavi o borchie dei vestiti e delle scarpe. Gli oggetti metallici infatti si fondono al passaggio di corrente sprigionando notevole calore.

La luce intensa del fulmine può provocare danni alla vista e l’onda di pressione elevata può creare danni all’udito.

Viene riportata una tabella indicativa dell’intensità di corrente e dei danni che il corpo umano può subire al suo crescere per valori di corrente relativi a corrente con frequenza industriale (50-60 Hz) e solitamente incontrabile negli impianti elettrici. Per confronto immediato si tenga presente che la corrente di un fulmine varia tra 2 e 200 kA circa.

1-3 mA SOGLIA DI PERCEZIONE Non si hanno rischi o pericoli per la salute.
3-10 mA ELETTRIFICAZIONE Produce una sensazione di formicolio più o meno forte e può provocare movimenti riflessi.
10 mA TETANIZZAZIONE Si hanno contrazioni muscolari. Se la parte in tensione è stata afferrata con la mano si può avere paralisi dei muscoli, rendendo difficile il distacco.
25 mA DIFFICOLTÀ RESPIRATORIE Si hanno a causa della contrazione di muscoli addetti alla respirazione e del passaggio di corrente per i centri nervosi che sovrintendono alla funzione respiratoria.
25-30 mA ASFISSIA La tetanizzazione dei muscoli della respirazione può essere tale da provocare la morte per asfissia.

 

Alcune norme di comportamento

Per evitare possibili incidenti, in caso di temporale bisogna sempre ricordarsi alcune semplici nozioni, che aiuteranno a decidere come meglio comportarsi:

  • Ogni oggetto con un’elevazione predominante rispetto all’area circostante ha una maggior probabilità di essere colpito dal fulmine (un albero, una torre, un traliccio).
  • La corrente del fulmine dopo aver colpito il suo bersaglio si disperde nel terreno, quindi se si è in vicinanza della struttura colpita e si è a contatto col suolo si può venire in contatto con la corrente di dispersione e subire dei danni.
  • Il fulmine può raggiungere anche l’interno degli edifici se questi sono collegati a strutture esterne (come l’antenna televisiva), percorrendo i cavi elettrici o altre strutture metalliche.
  • Un luogo chiuso, soprattutto se metallico, come le automobili, o in cemento armato, come le case, è una “gabbia” sicura, purché si rimanga lontano dagli impianti che possono condurre il fulmine dall’esterno all’interno (vedi punto precedente).

Al mare

Ricordiamo in questo caso che l’acqua è un buon conduttore, quindi nel caso il fulmine colpisca la superficie dell’acqua, la corrente si disperderà attraverso l’acqua, investendo eventuali bagnanti. Inoltre la spiaggia è un luogo aperto e piano, in cui anche un uomo in piedi può fungere da “punta”.

Quindi:

  • Non rimanere in acqua durante un temporale.
  • Se possibile non rimanere in spiaggia ma ripararsi in un luogo chiuso, oppure rimanere seduti o accucciati

In Barca

Ricordarsi che un temporale in barca può essere pericoloso, non solo per la navigazione, ma anche per i fulmini e quindi seguire queste poche e semplici regole:

  • Se si è in vicinanza di un porto andare all’ormeggio
  • Se la costa ha pareti elevate ed è possibile, meglio navigare sottocosta
  • Se siete in barca a vela l’albero è esposto ai fulmini quindi sistematevi lontano dallo stesso e lontano da elementi metallici. Il timoniere purtroppo non può.
  • Se è tecnicamente possibile si può buttare l’ancora facendola passare attorno all’albero. L’eventuale corrente si scaricherà attraverso l’ancora in mare.
  • Se il temporale non si allontana, riprendere la navigazione e cercare di portarsi velocemente in un’altra zona, potrebbe infatti essere un temporale circoscritto.
  • In una barca a vela sarebbe necessario che tutte le strutture metalliche fossero ben connesse fra loro e con il bulbo, mediante connessioni metalliche, in modo che il fulmine abbia sempre un percorso verso l’acqua.

Distribuzione dei fulmini sul territorio italiano

In Italia vi sono delle zone particolarmente interessate dai fulmini:

1. la zona prealpina dei laghi

2. la zona carsica e Trieste che è la zona più colpita dai fulmini con oltre 6 fulmini al km2 ogni anno.

3. la zona di Genova e la riviera di levante,

4. Roma e dintorni.

La spiegazione di tale coincidenza va ricercata nelle favorevoli condizioni meteorologiche di queste

aree, particolarmente predisposte alla formazioni di celle temporalesche.

In mare la frequenza dei fulmini è decisamente più bassa e può arrivare a 2 o 3 fulmini al km2 per anno,  dove i valori di frequenza più elevati sono stati rilevati nelle zone costiere in prossimità del Golfo di Trieste, della riviera ligure di levante e nel litorale laziale.

(Tutto quanto fin qui riportato è stato tratto dal sito: www.fulmini.it di CESI SpA al quale si rimanda per maggiori informazioni)

 

Come si propaga la scarica in mare

Si può ipotizzare che una scarica in mare si propaghi nell’acqua con una geometria di tipo semisferico.

In questa ipotesi si può calcolare che una scarica media da 30 kA, a 50 metri di distanza dal punto di impatto, produrrà sulla ipotetica superficie della semisfera (15700 m2) un passaggio di corrente di 1,91 A/m2,  ovvero 0,19 mA/cm2; a 100 metri di distanza dal punto di impatto produrrà un passaggio di corrente di 0,48 A/m2 ovvero 0,048 mA/cm2.

E’ anche evidente che un subacqueo immerso in acqua non è, nel caso di un flusso di corrente che lo investa, equipotenziale; infatti tra un punto e l’altro del suo corpo (a seconda di come è orientato rispetto al flusso di corrente)  potrà presentarsi una differenza di potenziale.

Quindi, nel caso di propagazione semisferica,  se consideriamo la superficie esposta pari a 1 m2, avremo che per distanze inferiori ai 450 metri dal punto di caduta di un fulmine avremo correnti transitanti nel corpo esposto, superiori ai 25 mA, considerati critici al limite della letalità.
Conclusioni

Si possono proporre alcune considerazioni:

  • un subacqueo in superficie, e tanto meno in immersione, non dovrebbe presentare sporgenze che possano scatenare “l’effetto punta” e quindi attrarre i fulmini;
  • la Pesca in Apnea  si svolge principalmente in tratti di mare vicini alla costa. Ciò comporta che la caduta di fulmini dovrebbe essere più frequente sulla terraferma la quale presenta rilievi altimetrici maggiormente attrattivi;
  • le intensità di corrente cui un subacqueo potrebbe essere esposto diventano significative qualora la scarica avvenisse, in mare, in relativa prossimità del sub (circa 1 km).
  • nonostante quanto detto nei punti precedenti, e considerando che in alcune zone 2 o 3 fulmini/anno cadono per ogni km2 di mare costiero e che il numero di temporali per anno è relativamente basso, ipotizziamo 10, si può dire che un temporale, ogni 2 o 3 temporali, provocherà una scarica in acqua in uno spazio di un km2.

Si può quindi concludere che una probabilità decisamente elevata come quella citata sopra impone di consigliare di allontanarsi  dall’acqua e raggiungere un luogo chiuso, tutte le volte che un temporale minaccerà  la zona di immersione/balneazione.

 

Si ringraziano la Dott.ssa Marina Bernardi ed il Dott. Vanni Ottoboni per il prezioso contributo fornito per questa trattazione.