E’ doveroso innanzitutto premettere che la pesca subacquea in Italia si effettua solo ed esclusivamente in apnea così come stabilito dalla vigente normativa; purtroppo ancor oggi molte persone che non conoscono questo stupendo sport credono invece che i P.I.A. peschino con gli autorespiratori.
Le principali tecniche di pesca nella P.I.A. sono: L’ASPETTO, LA TANA, LA CADUTA e L’AGGUATO da cui poi nasce la variante nota come MISTA che è un insieme di diverse tecniche impostate in una singola azione di pesca.
Cosi come i pesci che, abituati ormai alla presenza di un “nuovo predatore”, si sono evoluti rendendosi più diffidenti, anche l’adattamento del pescatore in apnea al mondo sommerso ha reso necessaria una sua evoluzione. Le strategie di caccia sono state migliorate e affinate……
Tecniche:
LA PESCA ALL’ASPETTO
Questa tecnica è nata allo scopo di catturare tutti quei pesci che non si intanano frequentemente. Il pescatore poggiandosi sul fondo e restando immobile sfrutta la curiosità (in altri casi l’istinto territoriale o l’opportunismo) dei pesci per portare a tiro la preda. Un fucile lungo ma ancor di più delle ottime capacità apneistiche ricopriranno un ruolo fondamentale permettendo di far avvicinare anche i pesci più diffidenti.
La pesca all’aspetto, come dice la parola stessa, altro non è che un “aspettare” il pesce che arrivi a tiro. L’azione di pesca nasce dalla superficie mentre ventiliamo: se la trasparenza dell’acqua e la profondità ce lo consentono, osserveremo la natura del fondo alla ricerca di un anfratto, uno scoglio, un sasso, un ciuffo di posidonia, che possano servire a nascondere la nostra sagoma ai pesci durante la fase di “aspetto” sul fondo.
Al contrario di quanto si possa pensare i pesci non hanno una vista eccezionale, ma invece “avvertono” le vibrazioni emesse dal pescatore grazie alla linea laterale.
La linea laterale dei pesci è un sistema sensoriale composto da una serie di organi ricettori disposti lungo i fianchi dell’animale, a formare una linea che parte dalla fine degli opercoli che coprono le branchie e raggiunge la coda. Tali sensori sono sensibili alle vibrazioni a bassa frequenza e alle onde di pressione generate dal moto di corpi solidi nell’acqua e quindi del pescatore.
L’appostamento quindi consiste nel mascherare, alla linea laterale dei pesci, la presenza del pescatore che dovrà cercare di emettere la minor quantità possibile di vibrazioni; basterebbe un movimento improvviso della testa o del fucile per far allontanare definitivamente una preda.
Il punto migliore per l’appostamento sarà quello che ci permetterà di avere il maggior campo visibile possibile, permettendo però di occultare al massimo la nostra sagoma.
Una volta scelto il luogo per l’aspetto effettueremo la capovolta e, nel massimo silenzio, ci caleremo nel punto prescelto facendo attenzione a disporci con il sole alle spalle in modo da evitare che lo stesso possa riflettersi sulle lenti della maschera.
In generale si dovrà stare il più possibile aderenti al fondo in modo da esporre la minor superficie corporea possibile. Questo discorso però, se da un lato può avvantaggiarci per la cattura di dentici ed orate, dall’altra parte potrebbe invece svantaggiarci per le ricciole.
Ci sono diverse scuole di pensiero riguardo all’immobilità assoluta o sulla possibilità di muovere molto lentamente la testa a destra e sinistra; solo l’esperienza e le molte ore passate in pesca potranno suggerirci cosa fare.
Da ogni anfratto, da dietro ogni sasso potrebbe apparire una preda all’improvviso che dovremmo cercare di portare a tiro senza farci “sentire”; il movimento del fucile e della testa dovrà essere fatto il più lentamente possibile.
Bisogna poi mirare al pesce nel punto in cui le carni sono più sode così da evitare che si “strappi” in fase di recupero.
I fucili che vengono usati per questo tipo di pesca sono generalmente lunghi e potenti in modo da avere una gittata elevata, inoltre l’uso del mulinello può rivelarsi fondamentale per il recupero della preda, specialmente in presenza di pesce di mole.
LA PESCA IN TANA:
Utilizzata sin dagli albori della pesca in apnea, questa tecnica è nata al fine di catturare quelle specie che abitualmente trovano rifugio nelle tane e negli spacchi. La preda più ambita, da chi effettua la pesca in tana, è sicuramente la cernia, ma è possibile la cattura di altre specie quali corvine e saraghi molto interessanti dal punto di vista venatorio e gastronomico.
La pesca in tana è una tecnica che spesso può rivelarsi decisiva quando la battuta di pesca sembra volgere al peggio a causa della mancanza di pesce “in giro”.
Riconoscere una tana abitata dalla superficie non è facile: la presenza di pesci più piccoli nelle vicinanze o piccoli resti di conchiglie possono indicarci se la tana è abitata oppure no.
L’approccio ad una tana deve essere fatto con molta cautela, non presentandoci di colpo davanti l’ingresso ma affacciandoci lgradualmente all’entrata, tenendo il fucile pronto a sparare.
Diverse poi sono le modalità di cattura in base al tipo di pesce presente in tana. Se i pesci sono presenti all’esterno della tana (come spesso fanno le corvine) converrebbe sparare prima agli esemplari fuori della tana in modo da non allertare quelli all’interno. Se invece la tana è abitata da un branco numeroso conviene sparare agli esemplari più lontani, ad esempio, quelli ai lati del branco.
Cercate di spaventare il branco il meno possibile in modo da assicurarvi la sua presenza per un po di tempo. Non insitete MAI su di una tana perché difficilmente questa si ripopolerà.
Nel caso invece di un singolo esemplare allora potete sparare con calma mirando, come gia detto, nel punto in cui le carni sono più sode.
Per le cernie, data la difficoltà che si può avere nell’estrazione, è consigliabile spararle solo quando si presentano di muso; ciò permette di estrarle frontalmente impedendo agli opercoli di aprirsi, incastrando inesorabilmente la cernia.
Murene e gronghi vanno anch’essi sparati di muso perché sono dei rinomati combattenti che con un morso potrebbero facilmente ferirci.
I fucili che si adoperano per la pesca in tana sono corti e maneggevoli e l’uso del mulinello potrebbe risultare controproducente.
L’uso di torce, se la normativa locale lo permette, dovrebbe essere limitato solo all’esplorazione di tane buie e profonde perché il fascio luminoso spesso spaventa i pesci.
LA PESCA IN CADUTA
La pesca in caduta è una tecnica che ci permette di insidiare il pesce mentre stiamo planando verso il fondo. La si può eseguire sia su cappelli di secche profonde dove è possibile imbattersi con pesce di passo come ricciole, palamite e tonni, dove la presenza di mangianza richiama questi predatori. Questa tecnica non è semplice da eseguire perché si è totalmente allo scoperto e le nostre “vibrazioni” giungono ai pesci senza incontrare ostacoli.
La cosa fondamentale in questa tecnica è avvistare la preda già da notevole distanza in modo da adottare tutti gli accorgimenti necessari per evitare che questa ci senta arrivare.
I fucili usati, come per l’aspetto, devono essere lunghi, potenti e forniti di mulinello data la possibilità di imbattersi in prede di grandi dimensioni.
LA PESCA ALL’AGGUATO
L’agguato è tecnica piuttosto evoluta che sfrutta i ripari naturali per tenere il pescatore occultato alla “vista” della linea laterale dei pesci. Requisito necessario di questa tecnica è l’acquaticità, indispensabile per muoversi con fluidità mantenendo un profilo basso ai sensi dei pinnuti.
La pesca all’agguato è una tecnica molto complessa e dispendiosa in termini di sforzo. La si effettua a qualsiasi profondità, sia nel bassissimo fondo che a profondità maggiori. Ci si muove lentamente, rasenti al fondo, alla ricerca di una preda, scrutando dietro sassi o negli anfratti dove potremmo trovare in qualsiasi momento una preda intenta a mangiare o a cacciare del tutto ignara della nostra presenza.
Richiede una ottima capacità polmonare perché in movimento il consumo di ossigeno è di gran lunga superiore rispetto alla immobilità che si ha durante la pesca all’aspetto.
Se qualche volta vi è capito di vedere un gatto durante un’azione di caccia avrete sicuramente notato che si muove tenendosi il più possibile “basso”, effettuando spostamenti e movimenti lenti e silenziosi, cercando di celarsi il più possibile alla vista delle sue prede. Il movimento del pescatore subacqueo deve essere uguale a quello di un felino, lento, celato e pronto a colpire in qualsiasi momento.
I fucili usati in questa tecnica devono essere di lunghezza adeguata, ne troppo corti ne troppo lunghi ma soprattutto facili da brandeggiare.
Le specie insidiabili con questa tecnica sono molteplici e vanno da corvine a cernie, sorprese all’esterno della loro tana, saraghi, cefali e orate che si cibano tra gli scogli, o dentici e spigole colte durante la loro battuta di caccia.
LA PESCA MISTA
La tecnica della pesca mista altro non è che un insieme delle quattro tecniche descritte. Spesso si parte con una caduta, seguta da un aspetto, ma se dopo alcuni secondi di osservazione non si vede pesce, si prosegue con un agguato per poi concludersi, se le capacità fisiche ce lo consentono, con l’ispezione di una tana.
La pesca mista è una tecnica che potremmo definire completa che, ovviamente, richiede ottime capacità apneistiche ed una perfetta acquaticità.
In definitiva la scelta del tipo di tecnica da adottare dipenderà sia dal nostro gusto sia dalle caratteristiche personali, ma anche e soprattutto dalla morfologia del fondale.
Con certezza possiamo affermare che l’occultamento, i movimenti lenti e l’assoluta mancanza di rumore e vibrazioni sono alla base di una buona battuta di pesca; la presenza di mangianza tranquilla e non disturbata è una polizza assicurativa verso le prede insidiabili perché da modo loro di “abbassare la guardia”.
Durante le vostre battute di pesca tenete sempre in mente questa frase: “pesce attira altro pesce”.
Massimo de Nobile e Alessandro Valente (Rev.2 dicembre 2017)