Il Polpo: Accidenti a Chi lo Chiama Polipo!

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Parliamo del polpo comune (Octopus vulgaris Cuvier, 1797) o piovra, che è un mollusco cefalopode (Cephalopoda, dal greco kephale, testa e pous, podos, piede) della famiglia Octopodidae (otto piedi o zampe, ma nel nostro caso tentacoli).

Si dice polpo e non polipo, come alcuni chef blasonati e alcune pescherie/oreficierie si ostinano a chiamarlo, che è tutt’altra cosa. Il polipo è, ad esempio, l’organismo marino appartenente agli Cnidari, che dà origine al corallo; mentre in campo medico è una crescita anormale di tessuto che sporge verso una tonaca mucosa (Brutt’affare!).

Già che ci siamo apriamo un piccola parentesi sulla classificazione scientifica degli organismi marini. Sui testi scientifici e anche su wikipedia, la loro classificazione viene proposta in modo completo a partire dal “Dominio” per finire alla “Specie” attraverso una declinazione di 10 o anche 20 suddivisioni e ramificazioni.

Per i nostri scopi basteranno in genere 5 declinazioni:

Classe > Ordine > Famiglia > Genere > Specie

La specie è in pratica la denominazione univoca di un certo organismo. Confrontiamo ad esempio la classificazione di alcuni molluschi cefalopodi come il polpo, il Moscardino, caratterizzato da una sola linea di ventose su ogni tentacolo e la Polpessa, o polpo dalle macchie bianche, che mostra tentacoli più lunghi e sottili del polpo comune (non è la femmina del polpo e dal punto di vista gastronomico è molto meno interessante):

Per chi volesse memorizzare il metodo per questa classificazione semplificata basterà ricordare la filastrocca: “una Classe Ordinata è una Famiglia di Genere Speciale”.

Ma basta con le facezie! Il polpo è un mollusco incredibilmente mimetico sia per colore che per forma. È decisamente intelligente e il suo unico limite è che ha un’aspettativa di vita attorno all’anno, massimo due. Anche quando capita di vedere esemplari di svariati chili di peso, non siamo davanti a molluschi particolarmente longevi come potrebbe pensare il profano, ma semplicemente ad esemplari che hanno avuto un accrescimento decisamente superiore alla norma.

La sua “intelligenza” è stata provata con vari test di apprendimento, particolarmente noti quelli in cui l’ottopode impara come svitare il tappo di un barattolo di vetro per mangiare il granchio contenuto all’interno o anche solo per uscire dalla sua temporanea prigione. Chissà cosa potrebbe imparare se avesse una vita più lunga. Quello che di sicuro non ha, sono le capacità “divinatorie”, come prevedere i risultati calcistici, che si favoleggiava avesse il polpo Paul all’epoca del mondiale sudafricano del 2010.

Polpo e Pesca in Apnea

Ma andiamo al sodo: il polpo è una preda ambita dal pescatore in apnea, tanto dal principiante quanto dall’esperto, se non per la sportività della cattura, certamente per la sua qualità gastronomica. Le sue capacità mimetiche obbligano ad un’attenzione particolare durante la sua ricerca. In genere, il pescasub che insidia pinnuti, è concentrato verso il blu o nello scorrere il fondo. Oltretutto è focalizzato sulle “squame”, e così perde spesso l’occasione di catturare il pregiato cefalopode. Il polpo è un po’ come i funghi: se cerchi fagiani, vedi i funghi solo quando stai per metterci un piede sopra.

Ci sono però alcune situazioni in cui vale la pena di fare un tuffo: copertoni d’auto, mattoni o blocchetti forati, contenitori come lattine e vasi abbandonati sul fondo, sono tutti spesso rifugio dei polpi. Un altro segnale che deve destare attenzione è la disposizione, più o meno a semicerchio, di gusci di conchiglie e altri piccoli residui posti davanti ad un buco: possono indicare la presenza di un polpo trincerato nella sua tana, o comunque di un rifugio abitato e solo temporaneamente lasciato libero. Esistono poi dei piccoli pesci (gli sciarrani o perchie) che fanno letteralmente i cani da punta, fermandosi davanti ad uno scoglio o ad una fenditura precisa. In genere attendono pazienti di conquistare i residui del pasto del polpo o di occuparsi della pulizia del suo mantello.

Solitamente ci si imbatte nel polpo per puro caso e lo si cattura con quello che si ha a disposizione. Alcuni gli sparano o lo infiociano, altri preferiscono estrarlo con le mani, tutto dipende dalle dimensioni e da quanto profondamente sia o possa addentrarsi nella sua tana. In genere un piccolo raffio e/o un fucile corto equipaggiato di fiocina, sono l’attrezzatura ideale.

Il colpo va indirizzato orizzontalmente, poco sotto gli occhi, in modo da fulminarlo (o “arricciarlo” come si dice in gergo) e poterlo estrarre immediatamente. Nel caso in cui il colpo non fosse letale, ricordate che il polpo è ostinato come un mulo e fa sempre il contrario di quello che vorreste. Ecco perché alle volte spingerlo con forza dentro il suo anfratto, può essere un ottimo metodo per farlo letteralmente schizzare fuori dallo spacco.

Estrarli con le mani richiede in minimo di esperienza e di attenzione soprattutto con esemplari molto grossi che sono in grado di esercitare una forza tutt’altro che trascurabile. Afferrandolo in prossimità della testa, il polpo tenderà ad allungare i tentacoli lungo le vostre braccia e, se riuscisse ad arrivare alla maschera, potrebbe sfilarvela o allagarla senza troppa difficoltà. Ricordate poi che, insieme a conchiglie e sassi, il polpo raccoglie tutto quello che trova per agghindare la sua tana, anche i cocci di vetro. E proprio con questi cocci è capitato che qualche subacqueo si sia ferito ad una mano (nonostante i guanti) nella foga della cattura. Occhio anche al becco, con cui gli esemplari più grossi possono talvolta infliggere morsi dolorosi, che possono anche richiedre qualche punto di sutura. Se volete fiocinare un polpo ma senza sparargli, inserite la sicura al fucile, non sareste i primi a rimediare una fiocinata sul piede o il polpaccio perché il cefalopode, allungando i tentacoli, è riuscito a premere il grilletto.

Non disturbate le tane che presentano grappoli di uova appesi alla volta. Dietro c’è sicuramente la madre che le difende e con il suo sifone pompa acqua per ossigenare e tenere pulite le uova. Evitate sia per una questione di etica e di rispetto per il mare, e sia per questioni gastronomiche. La femmina, durante la cova, non si alimenta quasi più arrivando ad uno stato di deperimento che, dopo la schiusa, la porterà a morire. Un polpo catturato durante la cova è veramente pessimo da mangiare.

Normativa

Il polpo, e con esso anche gli altri molluschi cefalopodi, sono ancora oggi protagonisti di un piccolo “mistero” normativo che è opportuno conoscere per evitare situazioni spiacevoli.

L’equivoco nacque quando l’art. articolo 129 bis venne aggiunto, nel 1987, al DPR 1639/68. La nuova prescrizione, al suo secondo comma, disponeva laconica: “Ai pescatori sportivi è vietato raccogliere coralli, molluschi e crostacei”. Ancora oggi, nonostante parliamo di un articolo entrato in vigore più di 30 anni fa, può capitare di imbattersi in qualche solerte controllore che, in forza di questa disposizione, minacci, o peggio commini, salati verbali.

Per evitare le multe NON dovete assolutamente rinunciare a pescare un polpo per la vostra amata insalata, ma dovete avere a portata di mano la circolare ministeriale n° 6227201 (clicca per scaricarla), conosciuta anche come Circolare “Degan”. Si tratta dell’atto con cui il ministero chiarì, nello stesso anno (1987), che “è vietata la raccolta di coralli e crostacei, nonché di molluschi esclusi quelli cefalopodi. Quindi polpi e affini sono prede che rientrano senza dubbio nel novero di quelle legalmente catturabili dal pescasub. Piuttosto ricordate che i molluschi cefalopodi sono pesanti e rientrano nel conteggio dei 5kg di prelievo giornaliero massimo consentito, NON fanno un conto a parte come spesso si sente dire dal “cugino” poco informato.

Il peso minimo consentito è di 450 g (eviscerato) ad esemplare.

In Cucina

Il polpo può essere consumato sia crudo che cotto. Per consumarlo crudo occorre fare riferimento alle tecniche pugliesi che, a nostro parere, sono il riferimento mondiale in fatto di “crudité”.
I polpi devono essere di piccole dimensioni 500 – 750 grammi circa. Poi vanno puliti e sbattuti forte contro uno scoglio piatto per alcuni minuti (50 o 100 colpi). Il “massacro” potrebbe continuare martellando con una mazzetta di legno i tentacoli in tutta la loro lunghezza. Qualcuno dice che un paio di giorni in freezer permetterebbero di ottenere lo stesso risultato: ma non è proprio così, specialmente con quelli grossi.

Si procede quindi “all’arricciatura”: i polpi vengono messi in un canestro di vimini, cullati e fatti ruotare con una mano, cambiando l’acqua di mare fino a che cesseranno di produrre la tipica schiuma biancastra. I tentacoli si arricceranno completamente e la consistenza diventerà “croccante” tra i denti, con o senza limone. La testa può essere mangiata ma deve prima essere spellata.

Anche per il polpo cotto non si può evitare la fase di pulitura e battitura. Un particolare interessante si osserva bene con polpi di una certa dimensione. Se diamo un colpo deciso su un tentacolo vedremo che il punto colpito si inturgidirà. Successivi colpi nello stesso punto produrranno un inturgidimento via via minore fino a scomparire. Anche su polpi di svariati chili questa tecnica, condotta con metodo, centimetro per centimetro, permette di ottenere una morbidezza delle carni anche con esemplari appena pescati.

Per la cottura basterà metterlo in acqua fredda assieme agli ortaggi classici e portarlo all’ebollizione. Provare con una forchetta il grado di cottura e quindi lasciar raffreddare il polpo dentro l’acqua di cottura. Può essere consumato in insalata sia spellato che con le ventose e la pelle: dipende dai gusti.