
IOS – 1986
L’isola della perdizione
Durante il soggiorno a Sikinos e Folégandros il tempo sembrava scorrere lentissimo, una beatitudine. Ogni giorno passato in mare con la passione, la spensieratezza di due ragazzi giovani, desiderosi di immergersi al cospetto di fondali meravigliosi, di scoprire sempre ambienti eccitanti. La nostra voglia di vedere nuovi posti, nuove isolette era impellente e così, dopo aver fatto visita al porticciolo di Folégandros ci impadronimmo di una brochure, a dire il vero un semplice foglio di carta fotocopiato, dove c’erano gli orari e le destinazioni dei traghetti. Da Sikinos eravamo in vista di un’isola molto più grande, e un signore del posto ci aveva detto essere abitata solo in piccola parte. Decidemmo di spostarci a Ios, questo il nome del nuovo traguardo vacanziero. Luca si era informato per il collegamento: non c’era un traghetto diretto, avremmo dovuto aspettare la nave proveniente da Milos e poi dopo uno scalo intermedio saremmo sbarcati sulla nuova “nisos”. Caricammo armi e bagagli sulla Fiat Uno 45 ES, e ci imbarcammo. A dire il vero nella stiva dell’imbarcazione c’erano pochissime macchine oltre la nostra utilitaria, si contavano sulla dita di una mano (fu una costante in praticamente tutti i nostri viaggi di quella lunga estate) ma la sorpresa più grande fu la visione di centinaia di giovani accalcati sul ponte. Zainetti e sacchi a pelo, null’altro. Luca ed io rimanemmo colpiti in special modo dalle ragazze, una più carina dell’altra, giovanissime, una moltitudine! Si trattava di una folta comitiva di Norvegesi, centinaia di persone, giunta a Atene con i voli charter e impegnata a raggiungere in massa Ios. Scambiammo quattro parole in inglese con un gruppetto di graziose signorine, la maggior parte era di sesso femminile di questi viaggiatori dal nord europa, e capimmo che sull’isola c’era l’appuntamento con molti altri ragazzi! Fummo anche informati che a Ios c’erano discoteche, parecchie, ed era considerata una meta ambita di divertimento notturno! Capperi, nelle isolette di Sikinos e Folégandros la gente del posto non ci avevano preannunciato nulla di tutto ciò! Come ci saremmo trovati?
Arrivammo in vista di Ios verso sera, un tramonto rosso fuoco illuminava le casette bianche. Da lontano ci apparve un’isola piuttosto alta, montagnosa, e l’attracco fu fatto entrando dentro un’insenatura profonda, quasi un fiordo. Sbarcammo con la nostra auto tra due ali di folla, a dire il vero ci trovammo leggermente a disagio visto la quiete e la calma trovata sulle precedenti isolette dell’Egeo. Un po spaesati ci dirigemmo verso sinistra, senso contrario alla ressa di giovani che continuava a scendere dal traghetto, e trovammo un signore (kýrios) che ci propose di affittare un appartamento. Capimmo che ci poteva ospitare fuori dall’area urbana, un luogo tranquillo. Quello che ci voleva, che cercavamo per ogni destinazione isolana. Staccare la spina, riposarsi senza disturbo, senza clamori dopo una giornata di pesca intensa “non aveva prezzo”. Lo seguimmo per qualche centinaio di metri, era in motorino, poi dovemmo accedere ad un tratto di strada sterrata, abbastanza ripida. Dopo qualche minuto arrivammo alla meta. Quando vedemmo la casetta che ci propose Luca ed io ci guardammo e i nostri occhi esprimevano la stessa sensazione: meraviglia assoluta. Su un promontorio una casetta piccola, pareva una chiesetta ma abbarbicata proprio sulla punta, bianchissima, persiane blu, affacciata su una cresta rocciosa da cui si dominava un panorama mozzafiato. Davanti a noi la sagoma familiare, scura, di Sikinos…Accettammo subito la proposta.
La nostra casetta. La prima impressione alla vista di Ios non è stata delle più rosee. Tanta gente, molta confusione, insomma un’idea di Grecia un po fuori dai canoni classici che fino a quel momento avevamo trovato nel nostro peregrinare. Forse Paros aveva dei tratti simili, vocazione e accoglienza con tante offerte turistiche ma nulla a che vedere con la marea di giovani che si assiepava sul traghetto e che trovammo a terra, nei pressi del porto. Meno male che fummo capiti al volo da quel gentilissimo signore che ci fece alloggiare in un posto completamente isolato, poteva sembrare di essere solo noi, e nessun altro sul quel lembo di isola. Certo dovevamo salire una lunga scalinata, ci inerpicavamo sulla collina come caprette ma poi appariva all’improvviso quell’abitazione incredibilmente bella, caratteristica, solitaria. In un attimo ci dimenticavamo delle fatiche fatte durante l’arco della giornata. Il vento penetrava dalle finestre, prendevamo aria da tutti i lati, il senso di pace fu una delle peculiarità più apprezzate. Lo spettacolo, poi, era il panorama circostante poiché dal nostro capo proteso verso Sikinos lo sguardo si perdeva a destra e sinistra in un mare blu cobalto che faceva venire i brividi tanto era spettacolare. Ti affacciavi sul balconcino e sognavi, i pensieri volavano fuori, nel vento. Il prezzo, per la località esclusiva, fu basso, e ciò fu davvero la ciliegina sulla torta. Portammo su i pochi bagagli anche perché ci fu detto che potevamo tenere il gommone in acqua, vicino alla barchetta in legno del proprietario. Un piccolo moletto a nostra disposizione con dei pali conficcati in mare e delle cime per legare il natante. Ma che comodità, che servigi! Nella nostra cameretta c’era un soffitto a volta, bianco, e allungati sui due lettini si sentiva il vento fischiare sommessamente, l’impressione era quella d’un interno di faro affacciato nel nulla. Non fossimo stati pescatori quello era un posticino magico dove metterci radici per tutta l’estate! E forse… anche di più!
La mancanza di strade, e di carburante. La mattina di buon ora ci svegliammo e domandammo al proprietario dove trovare un distributore di benzina. Il signore ci disse che a Ios non c’erano strade asfaltate, a parte quella singola lungo il porto, quindi non c’erano praticamente macchine, e nessun distributore. Qualche problema di rifornimento lo trovammo anche sulle due isole precedenti, assai più piccole, ma qui non c’erano davvero strade asfaltate e nemmeno una pompa di benzina, nulla e l’isola non era piccina! Le vie percorribili erano dissestate, mal rifinite, d’altronde i vacanzieri si accontentavano delle tante discoteche con ingresso libero una in fila all’altra. Noi ci spostavamo in gommone, la parte di Ios battuta, tutta quella a sud, era a ridosso del Meltemi diretto, ma non disporre di benzina era una bella grana. Niente paura. Il carburante c’era, al mercato nero, lo trovammo di sottobanco. E costava uno sproposito, moltissimo. Il nostro fuoribordo Jhonson due tempi da 15 HP era abbastanza parco nei consumi ma dovemmo fare bel viso a cattivo gioco e centellinare per forza di cose le uscite, purtroppo. Il signore ci procurò la benzina, per fortuna avevamo appresso noi olio Castrol per la miscela, e per una decina di giorni, tanto durò il nostro soggiorno a Ios, spendemmo più dracme di tutto il periodo precedentemente trascorso in Grecia. Questo fu il motivo della nostra precoce partenza, un vero peccato perché in quel mare c’erano pochi pescatori professionisti, nessun turista che praticava pesca subacquea, un mare ricchissimo di tutte le specie ittiche!
I personaggi curiosi di Ios. Il soggiorno a Ios fu, per certi versi, davvero eccezionale e aggiungo indimenticabile. In quell’isola dove tutta la vita si incentrava attorno a Hora Ios, il capoluogo, conoscemmo dei veri e propri personaggi curiosi, nel senso che si distinguevano da tutti gli altri per la loro unicità e singolarità. Mi scuso con i lettori ma non ricordo più i nomi corretti di tutti e forse meglio così. Una sera, tornando a casa da pesca ci fermammo in una taverna e lì incontrammo e facemmo amicizia con un ragazzo italiano che di professione faceva il tatuatore ambulante. Un mestiere che a fine anni 80 era una novità abbastanza all’avanguardia per il periodo storico. Luca ed io eravamo lievemente stravolti dopo una giornata in mare iniziata alle nove del mattino e conclusa alle venti di sera. Indossavamo magliette con scritte italiane, avevamo sul viso il segno evidentissimo della maschera e fu proprio questo signore incrociato lungo la strada che ci rivolse la parola per primo, incuriosito, e ci invitò a bere qualcosa di dissetante. Dopo qualche convenevole gli proponemmo una cena con il nostro pesce portato fresco fresco, lui acconsentì di buon grado, e così stringemmo amicizia trovando reciprocamente interesse per la passione in qualcosa di diverso dal resto del turismo locale, un’alternativa. Aveva qualche anno in più di noi, credo circa una trentina d’anni ma la sua vita era corollata da mille avventure toste, incredibilmente dure. Ci disse che aveva combattuto con un brutto tumore qualche hanno prima, una malattia inattesa e terribile che sconvolse tutte le sue certezze, fu operato, e da quel momento lasciò la famiglia, peraltro molto agiata, è iniziò a peregrinare in giro per il mondo. Voleva vivere, tanta voglia di vivere, senza pensare ad altro. Aveva imparato l’arte del tatuaggio nei paesi bassi, credo ci avesse detto Olanda o Belgio e così in itinere, girovagando in vari paesi del globo si offriva per decorare e incidere i corpi delle persone. Era arrivato a Ios attirato dalle migliaia di giovani, potenziali clienti, e infatti lavorava parecchio, di pomeriggio, di sera più che altro. Noi gli raccontammo delle nostre avventure subacquee, delle pescate in apnea, dell’approdo girovago nelle varie isole delle Cicladi, della nostra intenzione di passare ancora qualche mese in Grecia. Lui ci parlò delle situazioni strane in cui si era trovato, con i clienti che gli chiedevano tatuaggi nelle parti più strane del corpo, delle tecniche di incisione della pelle osservate e apprese nelle più disparate parti della terra. Insomma una fucina di racconti straordinari che si intersecavano in una marea di emozioni altalenanti. Prima di congedarsi ci confidò che doveva arrivare a Ios, in settimana, un veliero con a bordo la sua giovane amante, un’ereditiera veneziana. Quest’ultima notizia ci sorprese, ci congedammo ma tornando a casa a dormire discorremmo se tutto ciò che avevamo sentito era vero oppure se eravamo stati illusi da notizie un po fantasiose tante erano state le novità. La risposta la reperimmo qualche giorno più tardi. In rada, alle prime luci di un’alba tersa e freschina, al traverso di una lama di roccia che fendeva il mare vicino alla meravigliosa spiaggia di Mylopotamos ecco visualizzabile, alla fonda, un’autentico sogno. Dal nostro punto di osservazione privilegiato, lassù, dalla finestrella della nostra dimora, nel vento, all’orizzonte, un magnifico tre alberi in legno scuro, vele raccolte, stagliato nel mare calmo, una visione. Era arrivata, lei, una donna straordinariamente bella, incantevole, affascinante.
Il secondo personaggio, a dire il vero un po negativo come figura, era un inglese. Ce l’ho presentò il tatuatore una sera e presto capimmo che si trattava di un astuto ladro. Sì, un filibustiere: mentre uno girava il mondo alla ricerca della libertà, quest’altro signore dall’aria distinta e rassicurante vagava da un’isola all’altra dell’Egeo per alleggerire i portafogli e le camere dei turisti. L’aspetto curioso era che a Ios la maggioranza delle gioventù iniziava a ubriacarsi di brutto già al calar del sole per poi proseguire a sballarsi tutta la notte. Ci raccontò che i derubati non erano consci di cosa succedeva, pensavano quasi tutti di aver perso per strada chi l’orologio, chi la macchina fotografica, chi valori d’oro, chi moneta. Un caso eclatante, ci svelò con malcelato orgoglio “professionale” furono i 5000 dollari (nel 1986…) di una giovane americana che l’uomo aveva conosciuto in discoteca, riversa sul pianerottolo davanti alla stanza che probabilmente al risveglio ipotizzò di aver smarrito l’impressionante cifra. Ma chi la fa l’aspetti poiché anche l’inglese di tanto in tanto alzava il gomito e quindi anche lui subì la stessa sorte delle sue vittime in un paio di occassioni, allegerito da qualcuno che, probabilmente, era sbarcato a Ios con l’identica finalità occupazionale! Insomma bisognava prestare attenzione, parecchia in quello strano ambiente. In ogni caso fu allietato dai pesci che portavamo anche a lui, terzo, incredibile figuro che era solito fermarsi poco tempo in un posto, amava variare località.
Infine fummo particolarmente colpiti da un cuoco piemontese, (un mio conterraneo laggiù a Ios, roba da non credere) che lavorava nei ristoranti, a stagione, mai un lavoro fisso, solo itinerante. Un signore distinto e al contempo sui generis (le pupille spesso dilatate facevano presagire l’impiego di qualche polverina eccitante) che ci raccontò che a Ios la gente giovane non era attirata dalla buona cucina visto che faceva quasi esclusivamente vita notturna. Di giorno dormivano, di notte bevevano di tutto, in mezzo qualche “horiatiki” (insalata greca con pomodori, feta, olive, cetrioli), “tzatziki” (salsa con yougurt, cetrioli, aglio), “gyros pita” (una specie di piadina da farcire) o al massimo sbocconcellavano qualche “souvlaki” (spiedini di carne). Stop. Lui, invece, amava i piatti raffinati, ricercati e infatti l’occasione di questa conoscenza scaturì dalla richiesta che facemmo al tatuatore quando gli chiedemmo se sull’isola conosceva qualche locale dove poter mangiare il nostro pesce in modo curato e diverso dalla solita grigliata o zuppa. Trovammo un accordo e in cambio del nostro pescato il cuoco ci dilettava con i suoi manicaretti senza spendere nulla, tutto gratuito. La sorta di baratto alimentare a cui eravamo affezionati. Fu l’autore di una cenetta che ricordo con piacere ancora oggi, quando interpretò la grossa cicala presa da Luca e offerta ai nostri amici italiani, il tatuatore e la sua statuaria bella “tosa…”
L’ereditiera. Eravamo usciti con il nostro piccolo gommone e mentre transitammo verso sud ecco la visione di un veliero tutto in legno spettacolare, ancorato poco fuori una punta. Inutile dire che il pensiero corse alla serata trascorsa in compagnia del ragazzo italiano. Svelammo presto l’arcano perché il giorno successivo salì in gommone il simpatico tatuatore e tutti e tre andammo a prendere la ragazza, proprio scesa dal tri alberi come una sirena! Si trattava della sua amica, non c’erano dubbi, tutto corrispondeva! Quando Luca ed io la vedemmo la prima volta restammo a bocca aperta. Una giovane donna semplicemente ammaliante. Abbronzatissima, capelli neri, occhi chiari, avvolta in un pareo bianco. Elegantissima e al contempo disponibile, alla mano, semplice. Ci chiese, infatti, se poteva salire sul gommone. Noi restammo ancora più meravigliati e attoniti. Dal suo veliero di chissà quanti piedi al nostro Mirage 3.10? – Sei sicura?- le dicemmo- Una bella differenza, eh?- Acconsentimmo, eccome se acconsentimmo. L’intenzione, solita, era quella di andare a pesca, tutta la giornata. All’inizio e senza riuscire ad abbozzare una planata Luca e io presto ci tuffamo sott’acqua, loro in attesa e un po’ facenti funzioni da barcaioli sul piccolo battello pneumatico, ma da soli e con un pò più di spazio vitale a disposizione. Ma dopo qualche ora il tatuatore ci chiese di accompagnarlo a riva per impegni. Lo portammo nei pressi di una spiaggia convinti che anche la fanciulla sarebbe sbarcata insieme invece, incredibilmente la signorina chiese di restare a bordo con noi, si stava divertendo un mondo, disse. Noi restammo lì per lì un pò spaesati ma il tatuatore acconsentì e noi riprendemmo il largo con un’unica, eccezionale “barcaiola” a seguito! Il mare era bello, tranquillo e per non far pesare la giornata all’ospite ogni tanto ancoravamo il Mirage e giravamo nelle zone più interessanti. Un’occhio all’imbarcazione per sicurezza ma devo ammettere che non ci fù il minimo problema. Fummo fortunati e mettemmo a pagliolo diverso pesce bianco, una bella cernia, e una grossa cicala, oltre due chili e mezzo che Luca trovò appesa al soffitto di un’ampia tana. Nel primo pomeriggio ci fermammo un’oretta lungo la costa, in una caletta con spiaggetta incantevole, non avevamo cibo da offrire alla nostra ospite, pensavamo si fosse un po annoiata, fosse stanca invece lei ci raccontò entusiasta che si stava divertendo tantissimo, che stava passando una giornata unica e appassionate, e mai più pensava di veder prendere tutto quel pesce con il nostro micro gommoncino! Eravamo al settimo cielo anche noi! Coronammo la giornata con uno splendido denticione preso proprio poco prima del calasole e non vi dico la ragazza come fu contenta per noi! Non potevamo desiderare altro. Tornammo a sera inoltrata, non faceva freddo, attraccammo sotto casa, e la ragazza vide dove alloggiavamo, ci fece i complimenti! Il tempo di togliersi la muta e di riaccompagnarla in macchina in “città” dal suo amato. La vedemmo euforica, eccitata da questa insolita giornata di mare, si voltò e con quegli occhi incantevoli ci ringraziò ancora.
La sera li invitammo a cena, inutile dire che fu una serata semplicemente strepitosa. Davvero indimenticabile.
La cena con il cuoco italiano. All’epoca non c’erano i telefoni cellulari, non erano ancora diffusi, incontrammo il tatuatore perchè prima di congedarci gli avevamo detto dove abitavamo, dove saremmo arrivati e più o meno a che ora attraccavamo alla nostra banchina privata. Verso le 20 fummo in vista della nostra costa, sbarcammo con la deliziosa ospite poco prima delle 21 e poi la accompagnammo nei pressi del porticciolo di Ios dove incontrammo il suo moroso, tutto secondo accordi preventivi. Lasciammo il cestone con i pesci dentro la iuta, con preghiera di portarli al ristorante dove lavorava il cuoco italiano. Ci saremmo visti da li a poco, fu il congedo provvisorio. Tornammo e la doccia fuori dalla nostra casetta accese il confronto, il momento della discussione, del bilancio giornaliero. Davanti al tramonto, dal nostro terrazzino, guardando lo spettacolare tramonto sull’intera baia, sulle isole davanti: non ci rendevamo ancora conto dell’avventura appena trascorsa. Una giornata memorabile, sul serio. Noi, due ragazzotti freschi di studio di fronte a eventi giganti, a storie incredibili più grandi di cosa potessimo preventivare, a avventure epiche. Non bastavano le emozioni vissuti sott’acqua, c’erano anche quelle di superficie qui a Ios! Raggiungemmo il locale intorno alle 21.30, i nostri due amici ci stavano aspettando, senza sfarzo, senza abiti lussuosi, semplicità estrema. Ma che bellezza! Ci accomodammo a un tavolino, tavola imbandita, calici per acqua e vino. Mitico. Il cuoco arrivò bardato di tutto punto. E presentò gli antipasti, il primo, il secondo, tutto a base di pesce, il nostro, ultra fresco. La cicala cotta al vapore e ricomposta nel piatto di portata, guarnita con una leggera salsina al cognac, strepitosa. Filetti di dentice e di cernia al crudo. Un saragone in guazzetto. Ci fecero i complimenti, e noi ricambiammo di cuore! Che figurone! Concludemmo la serata con un velo di tristezza poiché la ragazza ci disse che l’indomani sarebbe partita alla volta di Nisos Thíra, Santorini. La sera tradi, a casa, dopo una cenetta che non ci capitò mai più di fare sulle isole dell’Egeo, una giornata in compagnia di persone speciali, che non si ripeté nelle altre isole che visitammo. Un momento, un istante. Stavamo cogliendo l’attimo fuggente. Ogni giorno.
La serata in discoteca. L’unico bisticcio che feci con Luca fu proprio per una sera da trascorrere alla…Ios. Per l’appunto definita dal sottoscritto l’isola della perdizione. Noi pescavamo in maniera seria, stavamo a mollo dal mattino alla sera, affrontavamo quote via via sempre più importanti e impegnative, secondo il mio parere c’era poco posto per il divertimento condotto a notte fonda. Poteva essere rischioso per la nostra attività sportiva. Luca invece qualche volta voleva trasgredire questa linea morigerata e così c’era un pò di attrito tra le nostre posizioni. Una sera conoscemmo delle ragazze e ci invitarono a ballare ma prima ci fu un approccio diretto assai esplicito. Io declinai l’invito, Luca si arrabbiò e volarono parole un po’ pesantuccie. Resistemmo “stoicamente” di finire a letto con le donzelle ma andammo a ballare con loro. L’isola era un’immensa discoteca all’aperto. Vari locali, almeno quattro o cinque dove si entrava senza pagare, e “divertimento” sino al mattino. Anche noi ci buttammo in mischia e presto vedemmo delle scene bestiali, che non avevamo mai visto prima d’ora: amplessi consumati direttamente in mezzo ai ragazzi che ballavano, gente svenuta trascinata via per i piedi, bottiglie di super alcolici scolate a garganella, giovani che vomitavano saturi di chissà cosa ingurgitavano, il tutto condito da un martellante suono sparato ad altissimo volume. Ci spostammo e in un altro locale scene ancora più “intense”: qualcuno faceva l’amore appoggiato alla sua partner contro una colonna a centro pista, un’altra coppia incurante di tutti ripeteva l’exploit poco distante tra un tavolino e un divanetto. Insomma non c’era spazio per la fantasia. Tornammo a casa quasi all’alba e l’indomani dormimmo sino a tardi. Niente pesca, eravamo cotti. Ci rendemmo conto di come ci si riduceva la mattina seguente. Con il nostro gommoncino arrivammo davanti a una spiaggia bellissima, ci avvicinammo quasi alla linea di battigia e osservammo centinaia di persone addormentate, bottiglie vuote dappertutto, non si muoveva nulla. Era quasi mezzogiorno e si poteva camminare in mezzo ai giovani riversi sulla sabbia senza che nessuno si accorgesse della nostra presenza. Un paesaggio, una visione incredibile. Spettrale. Ecco a Ios l’altra dimensione turistica abituale era questa. Di giorno dormire, la sera ubriacarsi, la notte ballare sino al mattino seguente. Poi in spiaggia a dormire sino al pomeriggio. Sversi.
I fondali e le pescate a Ios. Incredibile, ogni isola greca serba sott’acqua dei fondali unici. Nel nostro viaggio non abbiamo trovato molte similitudini. A esempio lungo la costa Ios alterna diverse morfologie rocciose. Strade normali non ce n’erano, allora, pescatori professionali pochissimi, sportivi nessuno. Quindi se si usciva con il gommone si trovano spettacoli meravigliosi, dappertutto. La tecnica di esplorazione era sempre la solita: fune lunga dietro il gommone e lunghe passate a varie batimetriche. C’erano diverse spiagge, distese di sabbia fine davvero incantevoli e noi, battendo i fondali limitrofi avevamo trovato dei lastroni spaccati su sabbia con saragoni impressionanti, e anche delle belle orate. Tutto a quote non superiori ai 10/15 metri di profondità. Scoprimmo anche franate che cadevano nel blu abitate da cernie, dotti di dimensioni giganti e sempre tanti saraghi. A tal proposito facemmo esperienza con dei mostri, dalla livrea nera, mascella allungata e occhi verdastri che ci facevano spolmonare. Ricordo che ne catturai uno quasi per sbaglio nel senso che gli sparai al volo mentre passava tra un masso e l’altro. Un dotto che pesava ben 11 chili, un pesce meravigliosamente gigante, un mostro. Il giorno che uscimmo con l’ereditiera “spendida barcaiola” eravamo scesi parecchio a sud e trovammo due scogli staccati da riva che nella parte all’esterno facevano dentici, barracuda, ricciolette. Il primo, poi, era quasi davanti a una spiaggia e il colore dell’acqua chiarissima ci fece individuare tra la costa e l’isoletta un’area rocciosa tutta fessurata e tra questi alcuni blocchi dove si aggiravano saraghi, corvine, cefali, branzini e qualche cernia. Qui Luca entrando in una spaccatura doveva aveva visto imbucarsi un volo di corvine trovò la cicala di oltre due chili e mezzo, meravigliosa. Ed io, sulla caduta a sud, in una franata spettacolare riuscii con l’SL 95 e l’asta da nove millimetri a fulminare una cernia di circa una quindicina di chili prima che riuscisse a impostare il dietrofront. Scendendo ancora più a sud, attorno a un’isoletta denominata sulla nostra cartina nautica Nisos Petalidi ci fermammo ancorando il gommone. La costa davanti a noi era distante circa mezzo miglio e metteva in mostra un promontorio che scendeva in mare con scogli tutti frammentati. Non mancava molto al tramonto e trovato un bel sito dove far l’aspetto riuscii a intercettare un bel branco di dentici e a catturane uno di quasi 7 chili. La ragazza ad ogni cattura pareva essere più felice e fiera di noi! Insomma in qualsiasi posto ti tuffavi trovavi pesce. Peccato che la benzina era cara come il fuoco e il nostro raggio d’azione fosse di conseguenza un pò limitato. Ci sarebbe piaciuto battere l’estrema punta a sud, passare oltre la famosa spiaggia e relativo golfo di Manganari, una delle più belle delle Cicladi, ma incontrammo Meltemi che rinforzava e il ritorno con la nostra piccola imbarcazione poteva essere problematico. Insomma tra pesce bianco e visioni che riempivano gli occhi l’isola di Ios ci serbò ricordi speciali, in tutti i sensi. Intanto meditavamo di spostarci, e dopo una decina di giorni facemmo rotta su Nisos Thíra, la famosa e unica isola di Santorini. La ragazza durante la cenetta deliziosa ci aveva parlato del suo itinerario, con il veliero sarebbe stata proprio a Santorini, ci disse che meritava anche solo per lo spettacolo incredibile che la natura aveva disegnato davanti alla “caldera”… Ce ne rendemmo conto anche noi, sante parole.
Arrivederci, quindi.