Anno Nuovo, Altre Nuove e Inutili Aree Marine Protette
2 Milioni per 4 Nuove AMP
Babbo Natale quest’anno è stato dispettoso, portandoci in “regalo” gli stanziamenti per accelerare l’istituzione di ben 4 nuove Aree Marine Protette. Nulla di nuovo, tutte aree classificate “di reperimento” nei primi anni 90 (legge 394/91), ma che fino ad oggi erano rimaste silenti. Un simpatico detto toscano recita: “Senza lilleri, non si lallera” (come a dire che senza soldi non si fa nulla), ed ecco quindi che il governo, e il solerte ministro dell’Ambiente Costa, hanno pensato bene di mettere sul piatto 2 milioni di euro. 500 mila per ognuna delle nuove aspiranti riserve: Capri (Campania), Isola di San Pietro (Sardegna), Capo Spartivento (Sardegna) e Costa di Maratea (Basilicata).
Qualcuno ha interpretato questo stanziamento come la prova che l’iter istitutivo sia ormai alla fine, condotto tenendo all’oscuro le comunità a dispetto della condivisione e accettazione sociale che la UE raccomanda nell’istituzione di questi parchi. In realtà è molto più probabile che questi soldi siano una lauta mancia, sventolata in faccia agli amministratori locali, per indurli ad abbandonare le ultime resistenze ed incamminarsi sulla “retta” via del protezionismo sfrenato.
Prendete, ad esempio, l’AMP di Capo Spartivento. La finanziaria 2017 aveva previsto lo stanziamento di ben 400 mila euro per accelerarne l’istituzione (100 mila per il 2018 e 300 mila per il 2019). Ma oltre la proposta di zonazione presentata dal ministero nel maggio del 2018, l’iter sembra fermo al palo da un anno e mezzo. Ecco quindi che a questo giro si è pensato bene di smuovere le acque mettendo 500 mila euro sul piatto, da prendere tutti e subito.
Accese Proteste
Su almeno due di questi fronti, si registra un’opposizione piuttosto accesa. In Sardegna i carlofortini, sono (giustamente) molto perplessi sul corposo elenco di vincoli che la riserva porta in dote, e sui quali invece tutti i sostenitori tendono a sorvolare quasi non esistessero. A Maratea invece, le più grosse perplessità arrivano dagli operatori della nautica che si dicono fermamente contrari ad una riserva che imponga lacci e laccioli su tutta la già esigua costa marateota.
Timori più che condivisibili visto che la tendenza degli ultimi tempi, ovvero da quando i soggetti gestori coincidono con le amministrazioni comunali, è quella di recintare la porzione di mare maggiore possibile, in ossequio ad un principio non scritto, per il quale i finanziamenti sono di fatto proporzionali all’estensione acquatica tutelata. Risultato? Come nella zonazione proposta a Capo Spartivento (che sarebbe la 2a in Italia a non avere una zona A!), si arriva a non avere più un metro di mare libero.
Davvero non ci sono Alternative?
Cercano di far credere che l’area marina protetta sia l’unica forma di protezione possibile, ma è una favola che chi ha un minimo di dimestichezza con le carte non fatica a smontare. Ci sono tanti altri strumenti, validi, meno penalizzanti per le comunità e, soprattutto, facilmente modificabili. Ma hanno un “enorme” difetto, tutelano il mare senza portarsi dietro quell’enorme mole di denaro pubblico che poi è l’unica cosa che fa gola a tutti gli attori di questa “commedia”.
Pensate che quest’anno, in Sardegna, sono riusciti ad arginare la mattanza indiscriminata del riccio di mare nella zona SIC (Siti Interesse Comunitario) di San Vero Milis, SEMPLICEMENTE modificando il regolamento vigente visto che l’amministrazione comunale sono anche il gestore delle riserva. Mattanza che invece prosegue indiscriminata proprio in quelle AMP tanto decantate.
Un Modello Fallimentare
Il modello protezionistico proposto dalle AMP italiane ha oggettivamente fallito, e non perchè lo diciamo noi, ma perchè è lo stesso WWF ad ammetterlo. Al netto di poche eccellenze, per contare le quali non servono nemmeno tutte le dita di una mano, si sprecano gli esempi di degrado e abbandono: scarichi fognari a cielo aperto, assenza totale di depuratori, discariche illegali, bracconaggio di mare e di terra e abusivismo edilizio.
In questo poco edificante spettacolo, ci auguriamo che le comunità locali sappiano imporsi, rifiutando una elemosina di Stato che, al di là della propaganda, non porterà nessuno sviluppo economico e turistico, ma solo la costituzione dell’ennesimo carrozzone parassitario gestito dalla politica locale.
Ci auguriamo anche che il Ministro Costa riesca a separare il ”grano dal loglio” quando sentirà le proposte dei “khmer verdi” presenti in Ispra e nelle Direzioni del suo Ministero. Il paese comincia a domandarsi a cosa servono tutti questi investimenti: le comunità costiere cominciano a rendersi conto dei vincoli che gli sono imposti e, contrariamente a quanto propagandato, i turisti si domandano perché andare a passare le vacanze in un posto dove tutto è limitato e a ulteriore pagamento.