Bocciati gli Emendamenti a favore della Pesca in Apnea! E adesso per chi voteremo?
Per chi voterà il milione di pescatori non professionali in mare? Per chi voteranno gli oltre 300.000 appassionati più o meno assidui della pesca in apnea? La risposta è semplice: magari con il naso turato, ma si voterà come tutte le altre volte, oppure non si andrà al seggio. Evidentemente i nostri politici, di qualsiasi schieramento, questo lo sanno bene e di noi se ne fregano, anzi ci martellano. Inasprimento delle pene, leggi sempre più contorte e difficili da applicare e controllare, proposte per gabellarci e, soprattutto, assoluta sordità alle nostre istanze.
Ultima chicca: la commissione Agricoltura della Camera che sta esaminando il progetto di legge C3119 – già approvato al Senato – (vedi la nostra news del 2 febbraio 2016) nella seduta del 10 febbraio ha bocciato gli emendamenti promossi dalle associazioni rappresentative della pesca in apnea che proponevano una riduzione delle sanzioni previste per la violazione delle distanze da costa e degli obblighi di segnalazione.
Nonostante FIPIA e FIPSAS, rivolgendosi a diversi parlamentari di tutti gli schieramenti, si fossero attivati per inserire alcuni emendamenti che avrebbero potuto rendere parziale giustizia dei circa 45 anni di inique leggi sulla PIA, solo due striminziti emendamenti erano stati presentati dai deputati Guidesi e Fedriga (Lega Nord). Si trattava semplicemente di equiparare le sanzioni comminabili ai PIA e ai diportisti nautici che non rispettano le distanze dalle spiagge frequentate. Oggi un PIA sorpreso a pescare a meno di 500 metri da spiagge frequentate, è passibile di una sanzione amministrativa da 1000 a 3000 euro. Invece, un navigante è sanzionato con soli 200 euro se naviga in prossimità di spiagge frequentate, ovvero entro i limiti imposti dalle ordinanze locali (spesso anche soli 100 metri). L’ammenda viene ulteriormente dimezzata se il conducente è un diportista.
A chiacchiere tutti i parlamentari con i quali si è riusciti a discutere l’argomento, si erano detti favorevoli a questa “armonizzazione” delle sanzioni. All’atto pratico, solo i due deputati citati li hanno presentati. Al momento della discussione, come si vede dagli atti della Commissione Agricoltura, ci pare che anche loro non si siano dannati nel difendere questi due pidocchiosi emendamenti, a fronte di un mare di articoli ed emendamenti per “favorire” la pesca professionale.
Ma andiamo oltre: sono anni che le organizzazioni della pesca non professionale si battono per la riformulazione del testo dell’articolo che norma il prelievo massimo giornaliero. Il testo attuale riporta: “Il pescatore sportivo non può catturare giornalmente pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore a 5 Kg complessivi salvo il caso di pesce singolo di peso superiore” (art. 142, DPR 1639/68).
È un testo pieno di castronerie che hanno richiesto ulteriori interventi normativi o chiarificatori e con un limite al prelievo mal esposto, macchinoso da rispettare e poco verificabile dai controllori. Sono chiamati molluschi i polpi, le seppie, ecc, di cui è consentita la cattura, così come sono molluschi le pinne nobilis, le cozze, le ostriche, ecc. di cui è invece vietato il prelievo. Si parla anche di prelievo di crostacei sui quale vige invece un divieto assoluto dettato da “altre norme”, così come con “altre norme” e circolari è stata fatta la distinzione tra molluschi e molluschi cefalopodi: ma un testo unificato noo?
Anche sul limite dei 5 kg sono state proposte delle definizioni più “moderne” come la limitazione per numero di prede, o per peso complessivo con esclusione dell’organismo più grande: criteri già in vigore in altri paesi mediterranei. Questo faciliterebbe il rispetto del dettato normativo, senza penalizzare il pescatore che dopo aver catturato un pesce da 400 grammi deve rinunciare alla cattura di un pesce di peso superiore ai 4600 grammi. Con tutte le difficoltà oggettive di queste valutazioni.
Si aggiunge la beffa: l’On. Laura Venittelli (PD), a parole gran fautrice dell’armonizzazione delle sanzioni, dimenticandosi dell’armonizzazione ha presentato una serie di emendamenti che inaspriscono le pene per il pescatore non professionale che catturi più di 5 kg di pescato in un giorno, guardandosi bene però, dal mettere ordine nell’infame testo.
In sede di discussione degli emendamenti il testo proposto dalla Venittelli è stato ulteriormente pasticciato, arrivando alla seguente stesura approvata dalla Commissione:
“Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di limitazione di cattura e, fatto salvo il caso in cui tra le catture vi sia un singolo pesce di peso superiore a 5 kg, nel caso in cui il quantitativo totale di prodotto della pesca, raccolto o catturato giornalmente, sia superiore a 5 kg, il pescatore sportivo, ricreativo e subacqueo è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra euro 500 e 50.000 euro, da applicare secondo i criteri di seguito stabiliti …..” Il testo prosegue con la progressione delle pene pecuniarie.
Se ne evince che si potranno sforare i 5 kg se nel mazzo ci sarà un pesce superiore a 5 kg (es. 4,9 kg di pescetti validi e uno di 7 kg, tot. kg 11,9). Mentre si andrà fuori legge se si supereranno i 5 kg senza avere nel mazzo un pesce superiore ai 5 kg (es. due pesci da 3 kg, tot. 6 kg).
Ma vi rendete conto? Non sarebbe stato più semplice escludere il pesce più grosso? Era troppo difficile da capire? Era troppo impegnativo chiedere il contributo delle rappresentanze della pesca non professionale?
Ancora una volta si dimostra come questi parlamentari non sappiano di cosa stanno trattando oppure che “il lor cervel, Dio lo riposi, in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato” (chiediamo scusa al Manzoni per averlo coinvolto).
È infatti il gran daffare che hanno nel soddisfare le richieste della pesca professionale e dei suoi circa 40.000 addetti che li rende distratti alle necessità del milione di pescatori non professionali. Ma non preoccupiamoci, si ricorderanno di noi, come delle pecore da tosare, quando riprenderà la discussione della proposta di legge per introdurre la licenza di pesca a pagamento. Con un parallelismo grottesco, è come se per contrastare il traffico di cocaina avessimo come unici riferimenti politici il cartello di Medellin o il cartello di Calì.