Pesca in Mare NON Professionale: una Legge Specifica ci Serve Davvero?
di Fulvio Calvenzi –
Spesso, leggendo le normative in materia di pesca sportivo/ricreativa, detta anche dilettantistica/amatoriale, o meglio sarebbe chiamarla “pesca non professionale” come definita dall’Art. 6 del Dlgs 4/2012, si ha la sensazione che siano state scritte da un legislatore che molto poco conosceva dell’argomento su cui interveniva. Inoltre, visto che l’impianto generale è condiviso con la pesca professionale, si è diffusa l’idea che sia ormai necessaria una legge ad hoc che si occupi solo della pesca non professionale; un mondo troppo distante e soprattutto troppo diverso da quello di chi pratica la pesca per lavoro, per poter condividere le stesse regole (o almeno buona parte). Già lo scorso anno una legge per i ricreativi era stata fortemente richiesta dalla FIPSAS, durate l’udienza in Commissione Agricoltura, e la richiesta è, in via teorica, condivisibile, a patto però di non finire per darci la zappa sui piedi.
Pro e Contro
Per prima cosa dobbiamo riconoscere che condividere con la pesca professionale alcune regole, non ci ha sicuramente penalizzato, anzi l’esatto contrario: abbiamo goduto di benefici che ai ricreativi non sarebbero mai stati concessi. Pensate solo alla recente depenalizzazione di tutte quelle infrazioni in materia di pesca che con la legge 154/2016 sono state declassate da penali ad amministrative. Se oggi la cattura di un pesce sottotaglia non è più un illecito di rilievo penale, come pure la cattura di un tonno in periodo di chiusura, non lo si deve certo ad un occhio di riguardo verso i dilettanti. Dobbiamo quindi mettere in conto di poter facilmente perdere simili elargizioni nel momento in cui i non professionisti andassero per conto loro. Sia chiaro, nessuno dice che un intervento normativo non sia ormai necessario, bisogna però stare attenti a soppesare i pro e i contro dell’affrancarsi totalmente dalla normativa professionistica, potremmo finire per essere scaraventati in una realtà molto più restrittiva di quella che viviamo oggi, in altre parole “cornuti e mazziati”. Sempre più spesso si legge di idee o proposte su quello che una nuova legge per la pesca non professionale dovrebbe prevedere, e nonostante le proposte vengano da alcune associazioni di categoria o da singoli appassionati, quello che stupisce è che sono quasi tutte accomunate da una preoccupante tendenza: quella di introdurre nuovi obblighi e incombenze di cui francamente nessuno sente il bisogno. Questa è una deviata e miope richiesta di giustizia che pervade dapprima la politica e ora anche molti cittadini. Per punire i comportamenti illegali si dovrebbe intervenire intensificando e specializzando i controlli e la repressione invece che prospettare norme per ingabbiare l’intera popolazione.
Licenza a Pagamento
Il concetto che pagare sia la via giusta per contare qualcosa è del tutto sbagliato e troppi esempi ce lo dimostrano anche in altri campi. Dobbiamo quindi chiederci: pagare per cosa? Se la risposta è “per indennizzare i professionisti”, cioè più o meno quello che hanno sostenuto tutti i partiti favorevoli alla licenza onerosa, cosa possiamo sperare di contare? Un legislatore che ci considera dei danneggiatori e che ci permette di continuare ad esercitare a fronte di un’indebita gabella, non ci darà mai nulla ma ci prenderà sempre per il collo. E, una volta per tutte: i dilettanti non sottraggono niente a nessuno, attingono semplicemente da una risorsa che è nella disponibilità del popolo italiano. Quest’ultimo concede dei diritti di prelievo ai professionisti, permettendogli di trarre profitto da un bene comune, al fine di avere un prodotto sulle tavole dei cittadini. È da aggiungere che l’attività professionale è sostenuta anche da sovvenzioni nazionali ed europee e da alcune defiscalizzazioni specifiche, ad esempio, come il prezzo speciale per i carburanti. La convinzione diffusa che i professionisti abbiano il diritto esclusivo di sfruttamento del mare e dei suoi pesci, e che chiunque peschi per proprio diletto interferisca o danneggi il loro operato è francamente indegna e inaccettabile.
Patentini, Esami e Affini…
È ormai evidente a tutti che il censimento iniziato nel 2011 aveva l’obiettivo malcelato di istituire una licenza a pagamento. Quello che invece non è chiaro è perché alcuni non professionisti siano affascinati dall’ipotesi di legare il conseguimento del titolo abilitativo ad un esame di qualifica. Il pescatore italiano medio, quello subacqueo poi in forma quasi patologica, sembra soffrire di un complesso di inferiorità derivante dal fatto che la sua altamente etica e pericolosa attività di prelievo sia concessa a tutti indistintamente. Sembra che il dilettante sia incapace di godere della libertà di andare a pescare e preferisca invece vantarsi del possedere un pezzo di carta che lo distingua (in meglio) dai “pescatori della domenica”, epiteto con cui si indicano spregiativamente i praticanti occasionali. Si dice che “nel paese dei ciechi chi è orbo è re”, e forse questo è proprio il caso dei pescatori. Tra ignoranza delle norme e menefreghismo totale delle stesse, chi ne possiede una infarinatura, anche molto superficiale, è spesso il primo a richiedere requisiti di accesso alla pratica più stringenti, ignorando che magari ne sarebbe la prima vittima. Sorvoliamo poi su quei pescasub che masochisticamente vorrebbero affiancare anche una abilitazione per l’uso del fucile subacqueo, attrezzo indubbiamente pericoloso ma sicuramente meno di quanto lo siano armi softair, archi, balestre e tanti altri oggetti di libera vendita. Un esame di abilitazione non aggiungerebbe (se non la scocciatura di sostenerlo) e non toglierebbe nulla alla considerazione della categoria; non è certamente la strada affinché il legislatore si accorga che esistiamo e che spingiamo un’economia tutt’altro che trascurabile.
Fermi Biologici
Altra pensata ai limiti dell’incredibile è quella di introdurre dei periodi di fermo biologico per salvaguardare le specie ittiche nei loro periodi di riproduzione. Per carità, è un concetto affascinante anche se mutuato dalla caccia in maniera eccessivamente semplicistica. Anzitutto conosciamo ancora poco dei cicli riproduttivi dei pesci, di sicuro però sappiamo (o dovremmo sapere) che non si riproducono utilizzando il calendario ma basandosi su una serie complessa di fattori climatici e ambientali che, negli ultimi anni, sono andati incontro a sconvolgimenti abbastanza evidenti. Risultato: il più delle volte sarebbero inutili. Sarebbe invece molto più etico, e rispettoso della risorsa, fare una battaglia perché il legislatore adotti delle taglie minime (quindi valide per tutti!) più rispettose della prima maturità sessuale dei pesci. Questa estate si è fatto un gran parlare della ricciola, ma è un po’ ipocrita invocare un fermo biologico e poi non fare la minima menzione del fatto che, eccetto Sardegna e Sicilia, questo splendido predatore ha una taglia minima (vergognosa) di soli 7 centimetri. E poi parliamoci chiaro, i fermi biologici sono la classica foglia di fico. Se si vuole fare un concreto discorso di tutela degli stock ittici bisogna iniziare a parlare seriamente di bandire totalmente alcuni sistemi di pesca. Il concetto stesso di poter sterminare un montone in riproduzione dovrebbe essere inaccettabile, ma forse è proprio questo il problema che non si vuole affrontare. Eppure l’esperienza del tonno rosso sta proprio là a ricordarci che il mare rinasce ogni volta che un freno serio viene posto all’ingordigia distruttiva della pesca professionale.
Pesca Illegale e Bracconaggio
Ogni volta che poi si affronta l’argomento del contrasto alla pesca illegale si perde completamente di vista l’obiettivo. Il risultato è sempre un netto aumento degli obblighi e delle incombenze per il normale cittadino, ignorando che chi oggi infrange volutamente le regole, domani infrangerà anche quelle che verranno aggiunte. Pensare di surrogare la mancanza di controlli con nuovi obblighi ottiene il solo risultato di esasperare la vita al cittadino onesto, non incidendo minimamente su quella del bracconiere.
Occhio a NON darci la Zappa sui Piedi!
È sicuramente necessario rimettere mano alle norme che disciplinano la pesca non professionale, ma come FIPIA non abbiamo mai posto quale condizione imprescindibile la scrittura di una legge specifica che, come abbiamo visto, necessiterebbe di ulteriori riflessioni, ma sicuramente abbiamo sollevato la necessità di intervenire riformulando diversi articoli del DPR 1639/68 e succ., obsoleti e pasticciati nel tempo. Stiamo quindi attenti ad evitare di costruirci un recinto molto più stretto di quello in cui una politica sorda alle ragioni dei ricreativi e succube delle pretese di un pugno di professionisti, ci ha già rinchiuso da sempre…