Intervento contro la politica sulle AMP
Abbiamo deciso di presentare al Ministro dell’Ambiente e alla Commissione Ambiente della Camera, la nostra posizione in merito alla questione delle Aree Marine Protette.
Riportiamao il testo inviato:
Milano, 22 agosto 2014
Oggetto: Intervento in merito alle Aree Marine Protette
Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati/e
La Federazione Italiana Pesca In Apnea (F.I.P.I.A.) è una federazione associativa senza scopo di lucro che ha per oggetto e scopo sociale la promozione, l’organizzazione e lo sviluppo dell’attività di pesca subacquea a fini ricreativi e non agonistici nonché l’osservazione, la conoscenza, la difesa e il recupero del mare e delle acque interne per un diffuso e comune utilizzo da parte di tutta la popolazione.
A oggi, le rilevazioni effettuate dal MIPAAF ai sensi del DM 6 dicembre 2010 (il c.d. “censimento) mostrano che più di un milione di italiani praticano la pesca in mare a titolo ricreativo e, tra questi, almeno 250.000 dichiarano di praticare, almeno occasionalmente, anche la pesca in apnea (PIA).
Oggi F.I.P.I.A. raccoglie oltre 2500 iscritti in tutta Italia che praticano la PIA in uno spirito di pratica sostenibile, nel rispetto delle leggi e dell’ambiente.
Nell’ambito delle attività previste da Statuto, la federazione si impegna a promuovere tavoli di lavoro con le Istituzioni per un giusto riconoscimento della PIA amatoriale al fine di evitare limiti irrazionali ed irragionevoli al suo esercizio.
In tale ottica la F.I.P.I.A. si batte perché la pesca in apnea sia considerata al pari di tutte le altre tecniche di pesca ricreativo/amatoriali. Quest’azione si rende necessaria poiché in tutte le aree marine protette (AMP) viene proibita nonostante la legge di riferimento (L. 394/91 art. 19) non la discrimini dalle altre tecniche. La stessa norma lascerebbe infatti, ai diversi Enti Gestori delle AMP, la possibilità di introdurla in deroga al divieto generale, così come viene fatto per le altre tecniche.
Questa esclusione deriva da un “dogma” che il MATTM ha assunto, suffragandolo con uno studio della sua “Segreteria Tecnica per la tutela del mare e la navigazione sostenibile” del 28.02.2008”, nel quale si giustificherebbe l’esclusione della pesca in apnea per motivi di sostenibilità ambientale.
Tale studio è stato più volte confutato da diverse associazioni e da diversi ricercatori, che hanno definito “insufficienti” e pretestuose le argomentazioni addotte. Ma è purtroppo sulla base di questo documento che il MATTM respinge tutte le proposte di Regolamento quando vi sia inclusa una deroga, anche parziale, al divieto di pesca in apnea, “foglia di fico” di un ambientalismo di facciata. Tutto ciò nonostante sia stato più volte evidenziato che il pescatore in apnea “vede” il possibile obiettivo della cattura, quindi può decidere di rinunciare alla cattura di specie protette, o di organismi sotto taglia e rispettare i limiti in peso posti al prelievo: cosa non possibile con tutte le altre tecniche.
La nostra opposizione a questo infondato divieto continuerà in tutte le sedi possibili.
Il lavoro svolto per questa finalità ci ha però reso evidente come la tutela del mare sia l’ultimo degli scopi delle Aree Marine Protette e, tutto ciò premesso:
L’Italia è il paese che presenta il maggior numero di zone sottoposte a tutela; anche in termini di superficie tutelata totale svetta su tutti i paesi del Mediterraneo.
Tutte le AMP già istituite, o che si vorrebbe istituire, si trovano in località rivierasche che spiccano per caratteristiche paesaggistiche. Nessuna area è stata istituita sulla base di emergenze ambientali opportunamente documentate che riguardino la protezione del mare. In tal caso avremmo visto proteggere anche aree e fondali marini distanti dalla costa, in quanto “nursery” conclamate di molte specie marine o perché presentano situazioni da proteggere o ricostituire.
E ancora, a fronte di una superficie lorda enorme, tutte le AMP presentano zone sottoposte a “tutela integrale” di dimensioni modeste e spesso al di sotto delle dimensioni considerate indispensabili dalla letteratura scientifica.
Nelle zone a minore tutela (le c.d. zone B, C, ..) è invece consentito praticamente tutto: ancoraggio, navigazione, piccola pesca professionale, pesca ricreativa, immersioni con apparecchiature, tranne la pesca in apnea.
Ma veniamo alle aree marine tutelate: ad esempio, in Sardegna ci sono un Parco marino e terrestre (Arcipelago della Maddalena), il Parco e AMP dell’Asinara, cinque AMP già istituite, due per le quali è stata richiesta l’istituzione e altre per le quali singole Amministrazioni locali stanno pressando per l’istituzione.
Ognuna di queste ha, o avrà, un Presidente, un Direttore, un Consiglio di Amministrazione, una Commissione di Riserva, funzionari, impiegati e consulenti. Praticamente nessuna ha veramente del personale addetto alla sorveglianza; questa è demandata alle Capitanerie di Porto, nonostante il loro Comando Generale abbia in più occasioni ribadito che non dispone di risorse per svolgere anche questi compiti.
Vediamo anche che singole amministrazioni comunali hanno ottenuto, o chiedano, l’istituzione di un’AMP (es. Dorgali per l’area di Cala Gonone, Santa Teresa di Gallura per l’area di Capo testa/Punta Falcone, Ancona per l’area del Conero, Milazzo per l’area di Capo Milazzo, ecc.) senza avere alcun dato sulle emergenze ambientali da tutelare. Tutte Amministrazioni che a oggi sversano gli scarichi fognari in mare (con qualche problema) e dove non sono sicuramente presenti impianti di raccolta e trattamento delle acque di “prima pioggia”.
Sembra anche che il MATTM sia disponibile a finanziare le opere di istituzione (dai 500.000 euro al milione di euro ad AMP) a patto che le Amministrazioni si impegnino ad autofinanziare il loro successivo mantenimento. Si viene quindi a verificare che un finanziamento Ministeriale per la tutela di un bene collettivo (il mare) vada a essere affidato totalmente a un Ente Gestore che di fatto è il Sindaco di un Comune.
I dati sono comunque allarmanti: ad oggi nessuna AMP è in grado di sorreggersi economicamente senza il contributo dello Stato. Come potranno autofinanziarsi le nuove AMP? E’ ragionevole pensare di gravare i turisti di gabelle per il mantenimento di questi Enti senza influire sull’attrattività turistica dei luoghi? O si pensa a soccorsi futuri, o in corso d’opera?
Anche i risultati di un’indagine effettuata in Sardegna dalla Corte dei Conti sull’aspetto gestionale-finanziario di questi enti, tra il 2009 ed il 2012, mostra che le AMP di Capo Carbonara, Penisola del Sinis, Tavolara-Punta Coda Cavallo e Capo Caccia- Isola Piana, sono di fatto aree marine protette senza controllo. Questa indagine rileva inoltre: “Non risulta che l’Amministrazione regionale Sarda abbia fatto valutazioni ex-post sugli interventi effettuati, così da verificare il loro effetto sul territorio, affrontare le problematiche e pianificare le eventuali correzioni e i successivi interventi. Viene quindi a verificarsi concretamente il rischio di dispersione dei finanziamenti” (magistrato relatore Valeria Mistretta).
La Federazione Italiana Pesca In Apnea auspica una reale tutela del mare che dovrebbe essere basata sul principio che il mare è un bene condiviso e lo Stato dovrebbe farsi carico integralmente della sua protezione. Diciamo quindi basta alla proliferazione di AMP secondo le prassi in essere.
A nostro parere l’individuazione delle zone da proteggere dovrebbe avvenire:
· sulla base di studi che evidenzino le emergenze ambientali da proteggere o ricostituire;
· realizzando aree di “massima tutela” di dimensioni adatte agli obiettivi fissati;
· abolendo di tutte le inutili aree attigue, o di minor tutela, che hanno il solo scopo di ingrandire le dimensioni dell’area e giustificare gli onerosi apparati di gestione;
· istituendole solo laddove non siano presenti scarichi di reflui a mare (industriali, fognari, di prima pioggia, di porti turistici e commerciali senza impianti di raccolta dei reflui da “casse nere” e sentine, o senza un numero sufficiente di bagni presso le banchine, ecc.);
· finalizzando le spese alla sorveglianza, allo studio dell’evoluzione dell’ambiente tutelato e a misure compensative dirette, laddove l’istituzione dovesse danneggiare localmente alcune fasce sociali.
In un momento in cui il paese vede la cosiddetta dolorosa “spending review” anche la gestione delle AMP dovrebbe vedere la razionalizzazione dei suoi costosi apparati: ad esempio, mediante accorpamenti e razionalizzazioni ed evitando di investire in imprese che vedono diverse Amministrazioni comunali tentare di ovviare all’incapacità di creare attrattività turistica, attingendo a finanziamenti che dovrebbero avere un indirizzo diverso da quello della creazione di nuovi enti parassitari.
Come vedete il problema della pesca in apnea diviene secondario al problema della protezione del mare e della sua gestione che, a nostro parere, dovrebbe essere interamente riformato.
Certi che vorrete prendere in considerazione queste nostre osservazioni, restiamo a Vostra disposizione.
Per il Consiglio Direttivo di F.I.P.I.A.
Il Presidente
Fulvio Calvenzi