La Nostra Lettera ai Sindaci di Ancona, Sirolo e Numana Contro l’AMP del Conero
Nel dibattito che ultimamente si è ri-acceso intorno alla costituzione di una AMP sulla costa anconetana, comprendente il promontorio del Monte Conero e la cosa di alcuni comuni limitrofi, ci siamo uniti a tante altre associazioni nel dimostrare la ferma contrarietà al progetto, illustrando alcune delle considerazioni che portiamo avanti da anni su questo tema.
Di seguito pubblichiamo la lettera che il nostro presidente ha inviato ai sindaci di Ancona, Sirolo e Numana
Oggetto: costituenda Area Marina Protetta Conero
Il sottoscritto Alessandro Fiumani, in qualità di Presidente nazionale della Federazione Italiana Pesca in Apnea, in merito alla recente ripresa del dibattito relativo all’ipotesi di istituzione di un’AMP lungo la costa del Conero, nel ribadire che anche la scrivente associazione ritiene fondamentale il valore di protezione dell’ambiente, formulo alcune considerazioni:
1– Sono circa 30 anni che si parla di istituire un’Area Marina Protetta nella zona del Conero e, se ci si prende la briga di leggere le centinaia di paginate scritte in queste anni dai sostenitori del progetto, non si può fare a meno di accorgersi che, oggi come 30 anni fa, non c’è nessuna grave situazione ambientale da risolvere e nessuna specie animale o vegetale in drammatica sofferenza. Al contrario si caldeggia la tutela di habitat e organismi (tra tutti il mitylus galloprovincialis) la cui esistenza in salute dimostra proprio come l’AMP sia uno strumento inutile, perché la libera fruizione del mare e il prelievo regolamentato della risorsa di questi ultimi 30 anni hanno preservato tutto questo, senza bisogno di sottrarlo in alcun modo alla collettività.
2– Per tutelare esclusivamente habitat, alghe, organismi marini che non sono di nessun interesse né per la pesca professionale né tantomeno per quella sportiva, e molluschi gasteropodi, il cui prelievo è però già saggiamente contingentato da decenni, si sceglie uno strumento giuridico (l’AMP appunto) che invece vieta o limita tutte le attività che non hanno nessun impatto sulle specie che si vorrebbero tutelare. Tradotto, si sceglie di vietare e far svolgere a pagamento attività che oggi sono libere, e che 30 anni di esercizio hanno dimostrato non aver fatto nessun danno.
3– A riprova di quanto la tutela ambientale sia solo un paravento dietro cui nascondere la sola brama di accedere a ingenti finanziamenti a fondo perduto, è sufficiente constatare come la vigilanza della riserva non sia mai un argomento di spesa considerato nei progetti istitutivi. La sorveglianza infatti è costantemente demandata alle autorità locali, già oberate di lavoro e spesso impossibilitate a qualsivoglia forma di puntuale controllo, trasformando così le AMP in una riserva per bracconieri e individui senza scrupoli. Controllo che è di fatto impossibile quando le estensioni a mare diventano eccessive, solo perché maggior estensione significa maggiori contributi.
4– Si fa credere che l’AMP sia l’unico valido strumento per arginare la pesca di frodo, in particolare quella distruttiva del dattero bianco. In realtà non si capisce come una riserva, scarsamente o per nulla controllata, dovrebbe costituire un deterrente per una attività già considerata illegale (e di rilievo penale!) dal lontano 1988. Stesso discorso andrebbe fatto per le vongolare con turbosoffianti che pescano in violazione del limite di 0.3 miglia dalla costa. Le violazioni di legge si combattono con i controlli, NON con le riserve marine i cui fondi, non vengono nemmeno in minima parte destinati alla sorveglianza che è onere extra di cui dovrebbe farsi carico la collettività con le proprie tasse.
5– Si millantano non meglio specificate ricadute turistiche, quando è in realtà palese che non una sola AMP italiana abbia mai trasformato in meta di interesse turistico una località, viceversa è palese che tutte le AMP siano state istituite in località a già marcata vocazione turistica. È altrettanto evidente che nessuna AMP ha incentivato un turismo di profilo “altospendente” che già non fosse presente, come ad esempio a Portofino. Viceversa, come a Capo Rizzuto, è stata la principale causa della distruzione della fiorente attività di camping che esisteva nella zona fino alla fine degli anni ’80.
E ancora, nessuna AMP ha mai inciso in maniera determinante sulla destagionalizzazione, per un motivo banale, qualunque turismo legato al mare, nella maggior parte d’Italia, si può svolgere solo d’estate, a maggior ragione in Adriatico dove le temperature invernali dell’acqua (per non parlare della torbidità) sono spesso proibitive. Ciliegina avvelenata sulla torta: molte attività imprenditoriali che oggi esercitano liberamente, domani potrebbero avere bisogno dell’autorizzazione dell’ente gestore per farlo, e non una licenza decennale ma annuale e spesso soggetta a bando di gara.
6– Le promesse deroghe sul prelievo del mosciolo ricordano da vicino quelle che vennero fatte ai cittadini di Santa Teresa Gallura per il riccio di mare, rassicurandoli che i regolamenti dell’AMP non avrebbero impedito ai professionisti di continuare a lavorare con il prezioso echinoderma, né ai privati di prelevare il necessario per realizzare in casa un piatto della tradizione locale. Promesse appunto, che si sono tramutate in una doccia gelata quando il disciplinare ha vietato qualunque tipo di prelievo, limitandosi a ipotizzare una successiva rivalutazione in merito.
Sul mosciolo inoltre vale la pena di farsi una domanda. Chi usufruisce maggiormente della risorsa? I locali. E qualcuno può veramente credere che “proteggere” il mitylus galloprovincialis non significhi limitare il prelievo in maniera ancora più stringente dei 3 kg oggi consentiti dalla legge? Magari contingentandolo ai professionisti e vietandolo del tutto ai privati? Le licenze di pesca poi sarebbero, in ogni caso, contingentate dall’ente gestore. Questo significa che non basterebbe avere i requisiti per ottenerla e non ci sarebbe posto per tutti.
7– Appare del tutto utopistico pensare che divieti e autorizzazioni a pagamento possano essere un volano turistico. Al contrario sono tutti lacci che porteranno un’inevitabile impoverimento e scomparsa di tutte quelle attività turistiche che hanno puntato sulle attività ludico/ricreative, dalla pesca al noleggio nautico, dagli stabilimenti balneari alle attività di ristorazione. Con particolare riferimento alla nautica, le AMP hanno goduto (in maniera apprezzabile per i propri bilanci) dei proventi derivanti dagli oboli di accesso e ormeggio, solo in quelle località dove il turismo nautico di alto calibro è sempre stato di casa (Portofino, La Maddalena, Capri), altrove hanno invece indotto la fuga dei diportisti e il relativo fiorire delle attività turistiche dei comuni adiacenti a quelli delle riserve.
8– Nessuna AMP italiana riesce ad essere, neanche lontanamente, autosufficiente dal punto di vista economico, e i continui tagli ai finanziamenti ministeriali fanno si che anche le realtà più virtuose finiscano per soffrire e trasformarsi in enti vuoti, incapaci di garantire perfino le propagandate opportunità occupazionali su cui spesso si fa leva nelle zone economicamente più depresse del nostro paese.
9– Il modello protezionistico proposto dalle AMP italiane ha oggettivamente fallito, e non perchè lo diciamo noi, ma perchè è lo stesso WWF ad ammetterlo. Al netto di poche eccellenze, per contare le quali non servono nemmeno tutte le dita di una mano, si sprecano gli esempi di degrado e abbandono: scarichi fognari a cielo aperto, assenza totale di depuratori, discariche illegali, bracconaggio di mare e di terra e abusivismo edilizio.
10–Si cerca di far credere che l’area marina protetta sia l’unica forma di protezione possibile, ma è una favola che con un minimo di dimestichezza con le carte non si fatica a smontare. Ci sono tanti altri strumenti, validi, meno penalizzanti per le comunità e, soprattutto, facilmente modificabili. Ma hanno l’ “enorme” difetto di tutelare il mare senza portarsi dietro la mole di denaro pubblico che poi è l’unica cosa che fa gola a tutti gli attori di questa “commedia”.
Si pensi che all’inizio del 2020, in Sardegna, sono riusciti ad arginare la mattanza indiscriminata del riccio di mare nella zona SIC (Sito Interesse Comunitario) di San Vero Milis, SEMPLICEMENTE modificando il regolamento vigente visto che l’amministrazione comunale è anche il gestore della riserva. Mattanza che invece prosegue indiscriminata proprio in quelle AMP tanto decantate, dove le modifiche al regolamento devono tassativamente essere approvate dal Ministero che, di fatto, è l’unico a dettare legge.
Considerato quanto sopra la scrivente associazione sostiene, ritenendolo più idoneo per il territorio, il progetto di istituzione di una Zona di Tutela Biologica (ZTB) già presentato al consiglio comunale di Ancona.
Una ZTB che dovrà insistere in un’area di limitata estensione, che sia di facile ed economico controllo, ed abbia una ricaduta positiva sugli stock ittici.
Il progetto della ZTB vieterebbe il prelievo di organismi marini ma consentirebbe tutte le attività sportive, ludiche e ricreative.
Questa Zona protetta consentirebbe il ripopolamento anche del territorio circostante con beneficio di tutta la costa della riviera del Conero, della pesca professionale e sportiva, del turismo subacqueo e del pescaturismo.
Come si può notare, gli obiettivi sono gli stessi di una Area Marina Protetta, con il pregio di una gestione diretta da parte degli enti del territorio, che hanno facoltà di agire sui regolamenti e senza dover passare per le pastoie burocratiche ministeriali. È vero, questo strumento ha il “difetto” di essere un costo, o meglio un investimento, (per la verità contenuto) per le casse dei comuni rivieraschi, e non una cambiale da riscuotere ogni anno dal ministero.
Se davvero si vuole tutelare il mare, questa potrebbe essere la strada più ragionevole. Se invece si vuole solo mettere le mani sui finanziamenti a fondo perduto del ministero e dell’Europa, si deve avere il coraggio di spiegare ai cittadini che, per questo obiettivo, si è disposti a sacrificare le attività economiche, la vita e il tempo libero di tante persone, in minima parte turisti e in prevalenza abitanti del posto.
Nel ringraziare per l’attenzione porgo un cordiale saluto.
Avv. Alessandro Fiumani