FIPIA Scrive all’on. Costa, nuovo Ministro dell’Ambiente
Continua l’impegno della FIPIA nel contattare gli interlocutori istituzionali di riferimento per le problematiche della pesca in apnea. Dopo la lettera inviata al nuovo ministro delle Politiche Agricole, on. Gian Marco Centinaio, stavolta è il turno del nuovo ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), on. Sergio Costa.
È stata l’occasione per ribadire quelle che sono, ormai da diversi anni, le nostre perplessità intorno alla pretestuosa proliferazione delle Aree Marine Protette. In particolare:
1- Le richieste di nuove AMP vengono presentate da singole Amministrazioni Comunali che spesso non dispongono neppure di efficaci trattamenti delle acque fognarie o di prima pioggia e sversano direttamente in mare all’interno di quelle che dovrebbero essere o sono le loro riserve marine.
2- L’approvazione è vincolata alla presentazione di piani di autofinanziamento che definire “fantasiosi” è persino ottimistico. Basta constatare che ad oggi, su oltre 30 amp esistenti, non ce ne sia una sola che sia realmente autosufficiente, il che non fa che confermare i nostri dubbi.
3- Il fatto che il contributo statale a fondo perduto per la loro istituzione possa essere commisurato all’estensione di mare tutelata, ha fatto si che si corresse a “recintare” specchi acquei enormi nei quali, a fronte di aree di tutela integrale di minima estensione, ne figurano di enormi sottoposte a vincolo ridotto (aree B e C) dove tutto è nella pratica incontrollato o consentito, come la piccola pesca professionale o la pesca ricreativa di superficie. A questo si aggiunge che il controllo non è mai considerato una voce di costo ma un’onere scaricato sistematicamente sulla Guardia Costiera, i Carabinieri Forestali e i Corpi Forestali Regionali.
4- In questi casi le amministrazioni comunali sono anche gli enti gestori delle riserve, questo significa che gran parte delle assunzioni e degli incarichi possono avvenire per nomina diretta, senza la necessità di concorsi; stessa cosa dicasi per la gestione dei fondi che avviene con una autonomia assai discutibile.
5- All’interno delle Commissioni di riserva non è oggi prevista la presenza di rappresentanti della pesca ricreativa (come invece avviene in Francia) ma ci sono pressanti richieste per l’ingresso di numerosi rappresentanti delle diverse organizzazioni della pesca professionale.
A questi punti si aggiunge quello, centrale per noi, delle discutibili motivazioni che dal 2008 hanno portato alla sistematica esclusione della sola pesca in apnea dal novero delle attività permesse e regolamentate all’interno del perimetro di tutte le Aree Marine Protette italiane.
Assodato che è oltremodo evidente che la tutela del mare è l’ultimo degli scopi delle Aree Marine Protette (almeno per come concepite oggi), abbiamo ribadito al Ministro che, a nostro modo di vedere, sarebbe auspicabile abbandonare la logica di velleitari autofinanziamenti, così come quella di costituire enormi e inutili aree sottoposte a un’impossibile tutela e che, per contro, finiscono per diventare delle riserve di bracconaggio per chi ha assai pochi scrupoli.
La protezione del mare dovrebbe essere condotta istituendo aree di tutela integrale ben selezionate e di dimensioni scientificamente opportune, contornate da aree a minor tutela di dimensioni ridotte. Inoltre i fondi destinati al loro funzionamento dovrebbero essere spesi in controlli e studi, piuttosto che nella costituzione di ridondanti e inutili apparati di gestione.